Aung San Suu Kyi tornerà libera il prossimo 13 novembre, una settimana dopo le elezioni legislative in Birmania. Lo ha annunciato la giunta militare al potere. Dopo due decenni di lotta per la democrazia e 15 anni di carcere, la leader dell’opposizione birmana e premio Nobel per la Pace potrà dunque lasciare la sua abitazione, dove si trova tuttora, sottoposta agli arresti domiciliari. «La sua detenzione terminerà il 13 novembre, una settimana dopo le elezioni in Birmania. Sarà liberata conformemente alla legge», ha confermato una fonte di Rangoon.
IL LEGALE - La notizia del prossimo rilascio della leader democratica è stata accolta più con scetticismo che con moderata soddisfazione da uno dei suoi legali. «Non abbiamo ancora conferme su questo annuncio e ci crederò solo quando lo vedrò. Il regime ha più volte annunciato la liberazione di San Suu Kyi in questi ultimi sette anni, anche indicando delle date precise. Annunci che poi si sono sempre rivelati falsi. Quindi, aspettiamo a vedere cosa succede», ha detto Jared Genser ai microfoni di CnrMedia. Dubbioso si è detto anche Aung Naing Oo, analista ed esperto di Birmania. «Sarà ufficialmente libera, ma non avrà libertà di movimento», ha spiegato. «Siamo di fronte a una dittatura militare. Poco importa il quadro legale, se non vogliono restituirle la libertà non lo faranno. Sono un po’ scettico. Ci crederò quando lo vedrò con i miei occhi», ha aggiunto. «Auguriamoci che la notizia sia vera e che Aung San Suu Kyi possa essere presto restituita al suo popolo e alla sua famiglia», ha commentato da parte sua Piero Fassino, deputato Pd e inviato in Birmania per l’Unione Europea. «Certamente le pressioni internazionali - ha affermato a CnrMedia - hanno dato dei risultati e credo che anche le autorità al potere si siano rese conto che alla vigilia delle elezioni si dovesse dare un segnale alla comunità internazionale sulla reale volontà di arrivare a questo appuntamento in maniera trasparente».
LE ELEZIONI - Il 7 novembre prossimo si svolgeranno in Birmania le prime elezioni legislative degli ultimi 20 anni. Il partito di Aung San Suu Kyi, la Lega nazionale per la democrazia (LDN), è stato sciolto prima dello scrutinio. La leader democratica, esclusa da ogni forma di candidatura, sarà sì autorizzata a votare, ma il permesso non dovrebbe valere in ogni caso per il giorno delle elezioni, quando il Premio Nobel per la Pace sarà costretta a rimanere a casa per evitare contatti con i suoi sostenitori e gli oppositori all’attuale governo. Per San Suu Kyi, infatti, le autorità locali starebbero pensando dunque a un voto anticipato.
LA RICHIESTA DELL'ONU - Alle elezioni in Birmania era stata dedicata, nei giorni scorsi, una riunione dell'Onu in cui si era ribadita «la necessità di un processo elettorale più trasparente e al quale tutti possano partecipare». Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, aveva dichiarato che i partecipanti alla riunione avevano chiesto che venissero adottate misure per la liberazione di prigionieri politici, tra cui Aung San Suu Kyi. «Questo è essenziale», ha detto il segretario generale dell’Onu, «perché le elezioni possano essere considerate credibili e per contribuire alla stabilità e allo sviluppo della Birmania».