L'eterna coazione a ripetere è una delle cifre della televisione generalista: quando si ha una buona idea, meglio sfruttarla il più a lungo possibile. È così che i reality tagliano traguardi decennali, i quiz si trascinano per lunghi cicli, le fiction di successo sopravvivono per numerose stagioni.
Anche la famiglia Cesaroni è ormai giunta al suo quarto anno di vita televisiva (martedì, Canale 5, ore 21.12). Ma fino a che punto può essere sfruttata una vena narrativa prima che sia esausta? Nel racconto delle vicende della famiglia allargata più celebre della Garbatella, simpatica e scombinata al punto giusto perché l'italiano medio ci si possa identificare, si avverte quest'anno una certa stanchezza: è come se molti dei possibili intrecci narrativi fossero già stati sfruttati, molte delle variabili combinatorie tra i diversi personaggi già state esplorate.
Con l'uscita di scena di Elena Sofia Ricci (Lucia ha lasciato il marito e la famiglia per trasferirsi a Venezia), la fiction sta cercando di trovare un nuovo baricentro. Giulio (Claudio Amendola) deve riabituarsi alla vita da single e mandare avanti da solo l'intera famiglia. Marco ed Eva, i due figli adolescenti le cui vicende sentimentali hanno segnato il successo della serie tra i più giovani, sono ormai adulti e a loro volta genitori: è così che tutte le dinamiche narrative legate al mondo dell'adolescenza (quelle che le serie Usa chiamano teen drama) devono essere spostate sui figli minori di casa Cesaroni, con alterne fortune.
Quello che ancora funziona ne «I Cesaroni» è la varietà dei toni (dalla comicità dei caratteristi al melodramma) e dei temi (dalla complessità dei rapporti ai piccoli drammi della vita quotidiana) a cui la fiction s'ispira, insieme alla capacità di adeguare ai tempi moderni la commedia familiare, un genere antico e tradizionale della tv italiana, da «La famiglia Benvenuti» in poi.