CONFIMI APINDUSTRIA VERONA: IL GRIDO D’ALLARME DELLA MANIFATTURA
Momento complesso per le piccole e medie imprese scaligere che si legge nei dati del ricorso alla cassa integrazione: 14% nel Veronese, percentuale destinata ad aumentare nel 2025. Il presidente Cioetto: «C’è grande preoccupazione. Bisogna iniziare a ragionare sulla ricomposizione di una rappresentatività datoriale oggi sempre più frammentata»
La manifattura italiana sta vivendo un momento complesso, mitigato solo parzialmente a livello veronese. Questa fotografia è stata scattata dal Centro studi di Confimi Industria che ha recentemente analizzato il ricorso alla cassa integrazione di un campione rappresentativo di aziende associate.
A livello nazionale, il 20% l’ha usata in questi ultimi 6 mesi e il 26% intende usarla nel primo semestre 2025. A causa principalmente del calo di ordinativi e di clienti, si stima che circa il 14% l’abbia utilizzata anche nella nostra provincia, una percentuale che potrebbe essere destinata a salire da gennaio 2025 in poi.
«I dati evidenziano una situazione critica per un settore chiave del sistema economico territoriale. La politica, a livello europeo, deve ascoltare questo grido d’allarme prima che sia troppo tardi», ha osservato Claudio Cioetto, presidente di Confimi Apindustria Verona, alla conferenza stampa di fine anno dell’associazione che riunisce circa 800 Pmi del Veronese.
«A fronte di questa contingenza economica – ha continuato – gli investimenti vengono frenati, anche a causa di procedure complesse per le aziende, che limitano le opportunità di sviluppo. C’è poi il tema delle banche, che se poste nelle condizioni di scegliere preferiscono finanziare ambiti industriali a basso rischio».
In questo quadro, ha detto Cioetto, «c’è grande preoccupazione per le possibili conseguenze del risiko bancario che sta investendo BPM, con il rafforzamento di Crédit Agricole e il ruolo giocato da Unicredit. BPM però è una banca che consideriamo ancora veronese. Le PMI del territorio saranno quelle ad avere maggiori ripercussioni, oltre alla questione delle ricadute occupazionali per le famiglie che non possono passare in secondo piano». Evidentemente, ha sottolineato, «l’attenzione verso le piccole e medie imprese sarà sempre più flebile. Oggi è ancora possibile ragionare con referenti del territorio, un domani saranno gli algoritmi a governare il rapporto tra le banche e le imprese. Questo non può essere accettabile. La politica deve fare la propria parte, non cercando titoli sui giornali, ma agendo con efficacia nei luoghi preposti».
Ha spiegato ancora Cioetto: «Questo contesto ci impone delle riflessioni, che devono essere portate avanti come sistema territoriale. Come imprese siamo chiamati a grandi sfide, tra cui quella della crisi demografica, dell’intelligenza artificiale e della transizione energetica e digitale. Bisogna iniziare a ragionare sulla ricomposizione di una rappresentatività datoriale oggi sempre più frammentata».
Le associazioni di categoria, ha concluso il presidente di Confimi Apindustria Verona, «devono tornare a confrontarsi senza preconcetti ma con il solo fine di essere efficaci come comparto economico. Le sfide che dobbiamo affrontare hanno un respiro molto ampio e occorre iniziare a parlarsi di più, come evidenziato anche recentemente dal vescovo di Verona, mons. Domenico Pompili. Perché il nostro territorio possa continuare nella capacità di innovare e crescere in un contesto economico per nulla semplice come quello attuale».