Pordenone dal 1278 al 1508 appartenne direttamente agli Asburgo configurandosi come territorio austriaco in terra friulana. In seguito passò a Venezia.
Con la rivoluzione industriale si assiste ad una notevole mutazione socio-antropologica di Pordenone, che si trasforma in una ricca città industriale, con tutti i costi umani e sociali che l'industrializzazione poteva comportare. Un settore particolarmente trainante fu quello dei cotonifici di Roraigrande, Torre e Borgomeduna; queste manifatture ricoprono un ruolo decisamente importante dal punto di vista degli studi microstorici sulla storia delle donne (gender studies). Il settore, infatti, impiegava quasi totalmente donne, che sottratte alla cornice di subordinazione della famiglia dominata dalla cultura patriarcale, potevano, attraverso le esperienze dell'associazionismo e del sindacato, sperimentare la libertà e sviluppare una coscienza femminile. Le istituzioni hanno dato il via ad una operazione di ricerca e di protezione di questa memoria, attraverso l'organizzazione di un grande archivio e alla realizzazione di spettacoli teatrali che raccontano alle nuove generazione questa singolare storia di Pordenone. Dopo la seconda guerra mondiale il settore del cotone è definitivamente tramontato, scalzato dal primato dell'industria di cucine Zanussi, poi assorbita dal colosso svedese Electrolux.
La sera del giovedì grasso non perdete in Piazza della Motta il rogo della vecia, manifestazione carnacialesca molto diffusa in nord Italia dove la vecia simboleggia la stagione invernale che muore; per l'occasione gustate le tipiche pinze.
Durante il Rinascimento la città produce una ricca scuola pittorica che si raccolse attorno alla figura del maestro Giovanni Antonio de' Sacchis, detto il Pordenon, che sintetizzò abilmente suggestioni giorgionesche, il tratta livido del Mantegna, con la fisica monumentalità di Michelangelo, partorendo delle figure che nella loro magniloquenza e fisicità, potremmo considerare protomanieriste. Furono suoi allievi pordenonesi Giovanni Maria Zaffoni e Pomponio Amalteo. Altro valido pennello cittadino, invece, Gaspare Nervesa, fu allievo del cadorino Tiziano.
Il toponimo Pordenone deriva da Porto Naonis, l'antico porto fluviale che collegava grazie al Noncello la città fino all'Adriatico; il porto è oggi un interessantissimo parco aquatico fluviale di grandissimo pregio ambientale e paesistico.
Pordenone e la magia: è la città del celebre mitico mago Aquino Turra che, nel seicento, usava spesso i suoi poteri anche per conquistare le bellezze cittadine! Si narra che la fattucchiera pordenonese Giacoma Pittacola, grazie ai suoi poteri infernali, sia riuscita a fuggire dai roghi dell'inquisizione per più di venti volte... brrrr!
Fra Odorico da Pordenone, nominato beato nel 1755, è passato alla storia come l'Apostolo dei Cinesi, essendosi distinto in una intensa attività missionaria che l'ha visto nel 1300 viaggiare incessantemente fra Asia minore ed estremo Oriente. Bisogna segnalare che i documenti redatti da questi antichi missionari hanno rivestito notevole importanza nello sviluppo della storia di discipline come la filosofia, la teologia e l'antropologia, quest'ultima in particolare, scienza sociale tipicamente ottocentesca. La descrizione di queste popolazioni lontane ha offerto, infatti, ai filosofi, la convinzione che l'uomo a tutte le latitudini crede in un dio e, agli antropologi, la prova che i costumi e la cultura materiale si differenziano profondamente da paese a paese.
Oscuro medioevo! Il Castello di Torre è un edificio di grande pregio architettonico, che nel medioevo fu teatro di cruente gesta. La famiglia dei Torre Ragogna, durante il quattrocento, si persuase di usare delle brutali truppe mercenarie per ricondurre all'ordine i riottosi contadi locali di Pordenone. I Pordenonesi per vendicarsi fecero precipitare sulla rocca la furia dell'esercito di Nicolò Nordax che incendiò il castello e sterminò la signoria, uccidendo donne e bambini.