Inizia, nel Veronese, la raccolta delle pere. Pensare al futuro di tale frutto. Luca de Grandis: ricerca di varietà più resistenti, all’attuale fenomeno di moria.
“Nel Veronese, è iniziata la raccolta delle pere, frutto, che, dopo il crollo del 2023, si auspica possa dare qualche soddisfazione ai produttori, nonostante la forte preoccupazione per l’avanzare della cosiddetta “moria del pero”. Ossia. la pianta arrossisce e si defoglia, tra l’estate e l’autunno; a primavera germoglia di nuovo, ma le foglie crescono poco e, a loro volta, si seccano fino alla morte definitiva della pianta. Il parassita che ne è causa colpisce principalmente le varietà di Decana, Abate, Kaiser e William, mentre la varietà Conference sembra essere meno sensibile a tale moria. Il fenomeno è presente in Italia, da oltre tre decenni, ma, nel Veronese, ha fatto la sua comparsa nel 2022. Qui, la produzione di pere si è mantenuta pressoché stabile, fino al 2020, quando ha avuto inizio un declino che al momento sembrerebbe inarrestabile: dal 2014 si è passati da una superficie investita a pere di circa 1140, ettari fino ad arrivare ai 980 attuali (- 31%, elaborazione di Coldiretti Verona su dati Veneto Agricoltura). Per scongiurare la perdita varietale di una produzione particolarmente rilevante per la nostra provincia, Coldiretti ha organizzato alcune iniziative, tra cui un incontro tra esperti, che si è tenuto a Castagnaro, alcuni mesi fa, e la visita fatta nei giorni scorsi da una delegazione di produttori veronesi - guidati dal responsabile del settore ortofrutticolo di Coldiretti Verona, Giorgio Girardi - che si è recata in tre aziende agricole in provincia di Modena. “Nei frutteti emiliani – parla Luca De Grandis, presidente della Consulta ortofrutticola di Coldiretti Verona – il fenomeno del deperimento del pero è notevolmente più radicato, rispetto al territorio scaligero e le esperienze dei tecnici del Servizio fitosanitario di Modena - Reggio Emilia, guidati dal direttore Luca Casoli possono essere di sicuro aiuto a noi produttori veronesi”. Durante la visita citata, sono state illustrate esperienze e tecniche di contrasto a questa grave fitopatologia, i cui fattori non sono comunque ancora del tutto accertati. Le accortezze finora adottate, come per esempio una gestione particolarmente accurata dell’acqua e della sostanza organica, si sono però rivelate per lo più dei palliativi, utili a mitigare il fenomeno, piuttosto che a sconfiggerlo. “La crisi della pericoltura veronese – continua De Grandis – è dovuta a diversi fattori, tra cui la moria è senz’altro uno dei principali, ma non dobbiamo dimenticare che le aziende sono particolarmente provate anche per gli eventi climatici, sempre più deleteri e per la mancanza di alternative a cultivar ormai desueti e poco performanti. Aggravano ulteriormente il bilancio i danni provocati dalla cimice asiatica e la continua revoca di presidi fitosanitari che vanno ulteriormente a ridurre le già poche possibilità di difesa delle aziende agricole senza che venga garantita una alternativa valida”. “Per salvare la pericoltura veronese – conclude De Grandis - dobbiamo quindi prendere atto di un cambiamento radicale delle condizioni di coltivazione, che ci impongono un adeguamento. con varietà più resistenti e più competitive”. Purtroppo, siamo dinanzi ad una realtà, di difficile soluzione, che, ancora una volta, colpisce l’agricoltura e che crea costi, di varia specie, a carico dei Coltivatori. Sopra, è bene spiegato quanto accade a diverse varietà di peri, sinora coltivate: una realtà difficile, da combattere e che richiede, appunto, non solo di trovare fitofarmaci ad hoc, ma, addirittura, di ricorrere a varietà-piante più resistenti, in questo caso, alla moria del pero. Auguriamo, alla pericoltura veronese, di poter trovare rapidamente soluzioni adatte al pesante fenomeno descritto. Pierantonio Braggio
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