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Gioved 20 Febbraio 2025
Il futuro? Per un giovane su due non è “qui”. Lavoro, servizi pubblici, casa, mobilità: le condizioni per restare. Convegno, promosso da Fondazione Cariverona, sui risultati della ricerca “Futuro Qui”

“Il futuro? Per un giovane su due non è nella propria terra d’origine, ma altrove, in Italia o all’estero. E non perché manchi il desiderio di rimanere, ma perché le condizioni non lo permettono: salari poco competitivi, opportunità lavorative non sempre in linea con le competenze, difficoltà di accesso alla casa, servizi pubblici e trasporti inefficienti. È questo il quadro che emerge dalla ricerca Futuro Qui!, promossa da Fondazione Cariverona e condotta da Upskill 4.0, che ha raccolto la voce di oltre 1.000 giovani tra i 18 e i 34 anni attraverso un questionario e dieci focus group nelle province di Verona, Vicenza, Belluno, Mantova e Ancona. I risultati, presentati oggi a Verona nel corso di un evento organizzato in collaborazione con Will Media, delineano con chiarezza le priorità e le criticità che influenzano la scelta di partire e, soprattutto, di restare delle nuove generazioni. Se la qualità della vita riceve ancora una valutazione positiva (3,7 su una scala da 1 a 5), le fondamenta appaiono fragili, legate più a elementi tradizionali (come il cibo o la presenza di impianti sportivi) che a condizioni sistemiche, in grado di garantire prospettive a lungo termine. Lo studio evidenzia il profilo di una generazione pragmatica, che non si lascia guidare da idealismi ma da valutazioni realistiche. Per rimanere servono certezze sul futuro: non misure temporanee o incentivi a breve termine, ma un piano concreto di interventi strutturali per trasformare il territorio in un ecosistema dinamico e attrattivo. Il contesto è noto. L’Italia sta vivendo una crisi demografica senza precedenti: natalità ai minimi storici, popolazione sempre più anziana, giovani che partono spesso senza tornare. Se un tempo questo fenomeno riguardava soprattutto il Sud, oggi colpisce anche le province del Nord e del Centro. La perdita di capitale umano non è più un rischio, ma una realtà che minaccia lo sviluppo economico, l’innovazione e il tessuto sociale delle comunità. “Il dato più preoccupante non è solo l’alta percentuale di giovani che pensa di andarsene, ma la consapevolezza diffusa su cosa servirebbe per trattenerli”, sottolinea Bruno Giordano, presidente di Fondazione Cariverona. “Lavoro, casa, servizi pubblici, mobilità non sono più semplici criticità, ma veri e propri ostacoli alla permanenza. Se non interveniamo in modo concreto e sistemico, coinvolgendo decisori pubblici, privati e nuove generazioni, la perdita di talenti qualificati rischia di diventare irreversibile. È anche per questo motivo che, come Fondazione, stiamo ragionando sulla creazione di uno Young Advisory Board composto da giovani a supporto dei nostri organi, che possa offrire la propria visione per contribuire ad affrontare le sfide attuali e a sviluppare alcune iniziative operative”. “Il progetto Futuro Qui! ha messo a fuoco le esigenze della generazione che oggi si affaccia sul mondo del lavoro a partire da un dialogo attivo con i diretti interessati”, dichiara Stefano Micelli, presidente di Upskill 4.0. “Affrontiamo una sfida comune a molti territori: coniugare competitività e qualità della vita. Negli ultimi anni, le trasformazioni tecnologiche hanno favorito le grandi aree metropolitane. Ciò detto, anche i nostri territori possono attrarre talenti se valorizzano le proprie specificità e promuovono un patto originale fra generazioni”. Uno degli aspetti centrali dell’indagine riguarda proprio il lavoro e le retribuzioni. Il 43,5% dei giovani è insoddisfatto degli stipendi, considerati troppo bassi rispetto al costo della vita. A questo si aggiunge un diffuso disallineamento tra formazione e mercato: il 41,6% ritiene che il proprio titolo di studio non trovi adeguato riscontro nelle opportunità professionali offerte dal territorio. A pesare è anche la mancanza di prospettive di crescita (32,9%), che spinge molti a guardare altrove per costruire una carriera più solida. I servizi pubblici e la mobilità sono altri due temi chiave nella scelta di restare o di partire. In questo ambito, l’81,2% considera la qualità della sanità un fattore decisivo per rimanere, seguito da altri elementi come i servizi per i giovani o la qualità ambientale (tutti oltre il 70%). Il sistema dei trasporti è invece percepito come inefficiente e limitante: l’assenza di collegamenti rapidi e affidabili rende difficile spostarsi per studio, lavoro o tempo libero senza un’auto privata. Questa carenza di infrastrutture frena la vivibilità del territorio, alimentando il desiderio di trasferirsi in città più connesse e dinamiche. Anche l’accesso alla casa rappresenta un ostacolo significativo. Il 47,9% dei giovani si dichiara insoddisfatto dell’offerta abitativa, considerata economicamente inaccessibile. Il mercato degli affitti non offre soluzioni adeguate e i costi di acquisto restano proibitivi. Di conseguenza, molti under 35 sono costretti a rimanere a vivere con i genitori, rinviando decisioni cruciali come la creazione di una famiglia o l’avvio di una vita indipendente. Un ultimo aspetto critico riguarda, infine, la scarsità di spazi di aggregazione e di un’offerta culturale stimolante. Come emerso dai focus group, i giovani lamentano la mancanza di luoghi di incontro e iniziative che rendano il territorio più attrattivo anche dal punto di vista sociale. La percezione diffusa è che la vita nei centri urbani di media dimensione sia troppo statica e poco adatta a chi cerca nuove esperienze culturali e opportunità di networking. La ricerca Futuro Qui! non si ferma alla denuncia, ma individua un’agenda composta da sette leve strategiche su cui intervenire: 1.Mobilità: trasporti pubblici moderni ed efficienti per connettere meglio i territori e ridurre la dipendenza dall’auto privata. 2.Spazi: luoghi di aggregazione innovativi che uniscano lavoro, formazione e socialità, favorendo la crescita di comunità dinamiche. 3.Partecipazione: coinvolgimento dei giovani nei processi decisionali locali, attraverso strumenti di ascolto e di cittadinanza attiva. 4.Cultura: un’offerta più contemporanea e inclusiva, con eventi e iniziative capaci di rendere la vita dei territori più stimolante. 5.Governance: un nuovo modello di gestione territoriale che metta al centro l'ascolto dei bisogni e delle idee delle giovani generazioni favorendo l’innovazione. 6.Lavoro: opportunità professionali di qualità, con salari equi e reali possibilità di crescita. 7.Abitazione: politiche che rendano l’accesso alla casa più sostenibile per chi vuole costruire il proprio futuro nel territorio.
“Le soluzioni esistono e le idee sono chiare: ora servono azioni concrete”, conferma Giordano. “Futuro Qui! non è solo un punto d’arrivo, ma un punto di partenza per costruire territori capaci di trattenere i loro talenti. Questo progetto segna infatti l’inizio di un percorso di ascolto, dialogo e cambiamento che, come Fondazione, intendiamo portare avanti con determinazione, coinvolgendo istituzioni, imprese e comunità locali e sviluppando partenariati. Un percorso che troverà pieno compimento nel Documento di programmazione pluriennale 2026-2028 che presenteremo entro la fine dell’anno, per dare la possibilità ai giovani di continuare a immaginare il proprio futuro qui, e non altrove”. Per approfondire i risultati della ricerca, è possibile consultare il report completo sul sito di Fondazione Cariverona: www.fondazionecariverona.org/Nostri-progetti/futuro-qui/”. Un incontro, i cui contenuti parlano chiaramente, ci fanno sapere come pensano i giovani e cosa sia loro necessario. Non si può garantire tutto, ma fare il possibile, per fornire loro il massimo possibile, sì…, tenendo conto della continua evoluzione dei tempi e delle esigenze, sempre nuove e in continuo progredire.
Pierantonio Braggio




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