Se c’è una persona che dovrebbe conoscere bene il significato di una classifica, quella è proprio il sindaco
Damiano Tommasi. Ex calciatore di buon livello, eppure incapace – finora – di emergere nel difficile ruolo
di allenatore della città. L’ultima classifica pubblicata da vari organi di stampa lo colloca agli ultimi posti
per gradimento da parte dei cittadini. Un segnale che dovrebbe far riflettere, profondamente, su quanto
accaduto in questi primi due anni di amministrazione della città di Verona.
Una classifica di gradimento infatti non fotografa il numero di cantieri aperti, né la quantità di opere
realizzate – magari definite e approvate da altre amministrazioni. Una classifica di gradimento premia una
cosa più sottile e più importante: la coerenza tra le parole dette e i fatti compiuti. E su questo punto,
l’amministrazione Tommasi sta pagando un prezzo altissimo.
Due anni fa, sebbene il programma elettorale non fosse particolarmente dettagliato – frutto di una
coalizione eterogenea e, a tratti, raffazzonata – le parole chiave erano chiare: ascolto, condivisione,
coinvolgimento, inclusione. Parole forti, parole cariche di significato. Parole che avevano entusiasmato
molti cittadini, anche oltre gli schieramenti tradizionali.
Eppure oggi, a distanza di due anni, proprio quelle parole sembrano essere state dimenticate nei
festeggiamenti post-elettorali.
Sono sì partiti diversi cantieri, alcune opere sono state anche portate a termine (con i consueti ritardi), ma
mancano comunicazione, informazione e, soprattutto, empatia. I disagi non sono stati spiegati, i progetti
non sono stati condivisi, e la visione complessiva – ammesso ci sia – non è mai stata raccontata in modo
chiaro ai cittadini. Tutto è apparso come scollegato, frammentario, calato dall’alto.
E nel frattempo, l’amministrazione litiga al proprio interno, arranca su proposte come l’occupazione di
suolo pubblico, fatica a trovare un’unità persino su progetti circoscrizionali. Una coalizione che non sa
parlarsi, e che soprattutto ha smesso di parlare con la città. Il dialogo si è interrotto. E questa è una delle
colpe più gravi, per un’amministrazione che si era presentata con la promessa di costruire ponti, non muri,
di fare rete non fare un soliloquio.
Quando si prometteva condivisione e si agisce in solitudine, quando chi parlava di inclusione e si finisce
per escludere persino le voci interne alla propria maggioranza... allora la sfiducia diventa inevitabile.
La classifica di gradimento non è un capriccio. È uno specchio. E in quello specchio, oggi, il sindaco
Tommasi e la sua giunta dovrebbero avere il coraggio di guardarsi. Perché Verona non ha bisogno solo di
“fatti”: ha bisogno di coerenza, di visione, di verità.
Ha bisogno – ancora una volta – di parole. Ma parole vere.