Treviso. “Magico Inverno. Bianche emozioni dalla Collezione Salce” che prenderà il via il prossimo 21 novembre in entrambe le sedi del Museo Nazionale Collezione Salce (Chiesa di Santa Margherita e San Gaetano) allargherà i riflettori anche su una vicenda tutta trevigiana ma di rilievo mondiale: la nascita e lo del Distretto dello Sportsystem di Asolo e Montebelluna. E, nello specifico, di scarponi e accessori per gli sport invernali. Scarponi e accessori che hanno accompagnato gli anni magici della Valanga Azzurra, e quella, in particolare ma non solo, di un mito assoluto dello sci, Alberto Tomba. Nella mostra, nata da un concept di Sergio Campagnolo e curata da Elisabetta Pasqualin, con altri materiali, immagini e documenti, verranno presentati anche lo scarpone firmato dal grande atleta e le foto del momento della firma.
Questa grande epopea tutta veneta sarà raccontata in mostra e in catalogo da Marzio Favero, sociologo già Sindaco di Montebelluna, e da Francesca Sfoggia, curatrice del Museo della Fondazione Sportsystem, con sede in Villa Zuccareda-Binetti a Montebelluna. Qui, più di duecento anni di competenze tramandate dagli artigiani del luogo hanno dato vita nel tempo ad un distretto industriale riconosciuto nel mondo per la qualità delle proprie calzature. Oggi il Distretto dello Sportsystem di Asolo e Montebelluna si sviluppa in sedici comuni e conta 8.000 addetti coinvolti nella progettazione, sviluppo, industrializzazione e produzione di calzature, abbigliamento e attrezzature tecniche sportive. Sono gli eredi ideali dei primi 9 calzolai e uno zoccolaio che agli inizi dell’Ottocento cominciarono a creare le gallozze, calzature semplici e resistenti, con suola di legno e tomaia in cuoio, perfette per la montagna e la campagna. Un secolo dopo, i laboratori nella sola Montebelluna erano già oltre 200, tutti o quasi a gestione familiare. Dopo l’interruzione della Grande Guerra, è qui che si assiste alla germinazione della scarpa pensata in modo specifico per lo sci.
“La suola viene irrigidita e appiattita, la punta viene squadrata e viene creata una scanalatura nel tacco per favorire l’alloggiamento dell’attacco da sci nello scarpone stesso. La tecnica dello sci all’epoca prevedeva la mobilità della parte posteriore dello scarpone e non il suo bloccaggio completo come avviene ora”, sottolinea la curatrice Sfoggia.
“Le competenze locali nella produzione di scarpe da montagna raggiungono la massima popolarità nel 1954, quando la spedizione guidata da Ardito Desio, con Lacedelli e Compagnoni, raggiunge per prima la vetta del K2 calzando scarponi La Dolomite. Negli anni Cinquanta la pratica dello sci e degli sport invernali viene favorita anche dai Giochi Olimpici Invernali tenutisi a Cortina d’Ampezzo (1956), durante i quali numerosi atleti olimpici calzano prodotti realizzati nel Distretto”.
“Negli anni Sessanta si assiste ad un forte aumento della richiesta di scarponi da sci ed anche ad una radicale mutazione nei materiali e processi produttivi: vengono introdotti i primi ganci metallici per la chiusura degli scarponi da sci, e vengono realizzati i primi scafi in materia plastica. L’area montebellunese a fine decennio è fra le più innovative e sperimentali a livello mondiale”.
Il resto è cronaca, fatta di molte luci e di inevitabili ombre. Una storia, anzi una epopea di uomini e imprese che hanno scelto di garantire qualità ed innovazione sia a chi fa dello sport un momento di libertà e di piacere, sia a chi dello sport fa la sua professione.