Lavoro nei campi e molestie alle donne Vita e orrori dell'orco di Avetrana
L'orco era un tipo pio. Dopo dodici ore di tormenti, i carabinieri l'hanno fatto crollare con uno scrupolo di coscienza da chierichetto, che suonerebbe inverosimile se l'inverosimiglianza non fosse ormai la regola nel reality horror di Avetrana: «Forza, Miche', gliela vuoi dare o no una sepoltura cristiana a quella povera bambina di tua nipote?». Un minuto di silenzio, poi: «E va bene, vi porto da Sarah, prendiamo la macchina».
L'orco aveva il pollice verde. «Ha curato il giardino qui da noi per tanto tempo, e tanti giardini attorno, niente da dire, era bravissimo», raccontano alla Grottella, la masseria appena dietro casa Misseri che è diventata la base delle troupe tv dal 26 agosto, da quando Sarah è sparita nel nulla. Gli attrezzi da provetto giardiniere dormono adesso sul pianale della sua Astra blu davanti alla villetta di famiglia dai mattoncini marroni, assieme a una robusta corda di canapa, e forse quelli sono gli stessi attrezzi che gli sono serviti a sprofondare Sarah Scazzi, la nipote, nella sua tomba in fondo al pozzetto dove infine l'ha fatta scoprire ieri mattina nella zona di Mosca, otto-nove chilometri da qui, dopo 42 giorni di buio e di nulla.
L'orco sgobbava come una bestia, certi orchi sono così, si capisce: aveva sgobbato in Germania abbastanza da mettere via i soldi per diventare un padroncino di terre a casa sua; e tuttavia continuava a sgobbare anche nelle terre degli altri, non è suo il fondo della zona Mosca, la tomba di Sarah. Un «ciuccio di fatica» dice Alberto, il vicino all'angolo di via Deledda, tra curiosi, lampeggianti, faretti, in un brandello di notorietà riflessa: «Faceva due giornate di lavoro in un giorno solo, usciva per campi alle tre, prima dell'alba, e tornava a casa alle dieci di sera». Quelle terre erano la mappa geografica della sua anima accidentata, solo lui avrebbe potuto trovare un buco infernale simile dove nascondere un cadavere: due metri per cinquanta centimetri, l'acqua a macerare il corpo, poi terra, sassi e foglie a nasconderlo.
Naturalmente, adesso che Michele Misseri, zio Miche' - questo cinquantasettenne dall'aria assieme furba e tonta, col suo inverosimile cappelletto da pescatore sempre calzato in testa, la camicia jeans impastata di terra e sudore sempre addosso - è ufficialmente il mostro del paese, a qualcuno viene in mente che il «ciuccio di fatica» era anche «un poco rattuso», sì, insomma, era uno che sbavava appresso alle femmine, «uno che molestava pure le figlie». Vero o falso, le voci corrono, come le calunnie, perché un mostro è facile da calunniare, s'intende. Corrono così in fretta, queste voci, che bussano alle finestre serrate della villetta di via Deledda, dove le figlie di Michele, Sabrina e Valentina, se ne stanno barricate con mamma Cosima, inarrivabili per chiunque tranne che per un'intervista del Tg5, una chiacchierata a ruota libera di venti minuti, in cui Sabrina, felpa grigia e capelli per una volta sfatti, piange sul divano e dice: «Papà mi ha preso in giro per 42 giorni, mai un sospetto, mai un dubbio, mi sono bevuta tutto quello che ha detto! Adesso lui è vivo mentre Sarah è morta, lui deve pagare!».
La morte di Sarah
Corrono e insistono le voci di questo paese che s'è tramutato in villaggio globale attorno al suo mostriciattolo contadino, tra queste due famiglie - gli Scazzi e i Misseri - che dall'inizio si sono consegnate ai fili e ai transistor delle tv come se da quel groviglio potesse tornare indietro Sarah e con lei una dimensione più alta e gloriosa della vita, non la routine fetente di Avetrana, e che invece hanno visto uscirne il profilo familiare di un assassino, lo zio satiro. Eppure, siccome nel reality horror tutto succede sempre in tempo reale, Sabrina sbuca da Canale 5 per infiltrarsi nella Vita in diretta della Rai con un sms al giovane cronista Giacinto Pinto che suona così: «E' vero, mio padre deve pagare, ma non ha mai abusato di noi figlie». Dicono che fosse freddo come il ghiaccio, zio Miche' - incastrato da un'intercettazione ambientale proprio di Sabrina («ma papà dove stava quand'è sparita Sarah? Non è che se l'è portata lui?») - mentre portava i carabinieri del maresciallo Viva fino alla tomba della nipote. Dicono che non fosse l'omino gioviale e inoffensivo che pareva, quando parlava dei sospetti su di lui e bestemmiava: «Che c... vogliono questi da me?». Uno dei fratelli della moglie, Giuseppe Serrano, ha finito di rovinarlo facendogli saltare l'alibi, «no, quando Sarah è sparita lui non stava lavorando nell'orto dietro casa», vatti a fidare dei parenti...
Però i misteri che restano, le domande senza risposta, sbattono contro la porta di metallo chiusa della cantina-garage di via Deledda, dove tutto s'è consumato alle due e mezzo di quel 26 agosto e dove, qualche sera prima di crollare, zio Miche' era disposto a fare entrare pure taccuini e telecamere, tanto per cambiare, forse in uno slancio di verità prossimo alla confessione: «Mi pare di vederla Sarah quando veniva quaggiù da me, a chiamarmi per il pranzo: "Zio, è pronto, vieni"...», raccontava davanti all'antro della morte, senza rabbrividire, con la lacrimuccia pronta a comando.
Ma perché diavolo zio Miche' ha bruciato i vestitini di Sarah e s'è tenuto per oltre un mese il suo cellulare? Perché l'ha fatto ritrovare in modo così grottesco? «Sensi di colpa, stava crollando, si sognava Sarah pure la notte», sussurra chi indaga. «Incredibile, impensabile, come se un carabiniere rapinasse una banca e ammazzasse tutti», sbuffa Claudio, il fratello maggiore di Sarah, che se ne sta a Roma alla Vita in diretta. Aveva già molestato Sarah? Sabrina lo sapeva? Claudio si tira sulla fronte la visiera dell'inseparabile berretto da baseball, fa la faccia da duro: «L'avessi saputo io anziché Sabrina, mica finiva così...». Il problema è che forse nemmeno questo è vero, il mostro di Avetrana è buono come puntaspilli ormai, sempre che sia proprio il vero mostro, sempre che non abbia coperto qualcuno, sempre che non si sia sacrificato per la famiglia, vai a sapere («noi non siamo complici!», strillano le figlie previdenti, nelle telecamere prima che nei verbali). Dicono che la moglie, Cosima, ancora lo difenda: gli anni all'estero, durissimi, con Sabrina e Valentina che crescevano dai nonni e badavano a loro stesse come grandi, hanno cementato la coppia. Dicono che poi Sabrina uscisse pazza per il papà: «È bello, il più bello della famiglia», diceva alle amichette. E doveva amarlo davvero molto, perché Miche', bello, non lo è stato mai. Nemmeno prima di diventare orco.