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Domenica 28 Settembre 2025
FEDELI D’AMORE A GORIZIA E TRIESTE

DI MAURO BONATO
Il Teatro Verdi di Trieste è tornaTO ad essere motore primo di una nuova creazione letteraria e musicale dedicata al territorio e al suo ruolo europeo, grazie alla commissione di libretto e musica di “Fedeli d’Amore” per GO! 2025 Nova Gorica Gorizia European Capital of Culture, progetto nato in collaborazione con Regione FVG per arricchire il repertorio operistico internazionale con un lavoro incentrato su eccellenze intellettuali e culturali del territorio.
“Fedeli d’Amore” nasce infatti dal racconto di viaggio e amicizia del romanzo di debutto del 1991 di Claudio Magris, “Un altro mare”, incentrato sull’inconsueta e drammatica biografia del goriziano Enrico Mreule e sulla continua evocazione dell’amico e concittadino Carlo Michelstaedter, figura apicale del pensiero filosofico novecentesco nonostante la precocissima scomparsa a 23 anni per suicidio con la rivoltella regalatagli da Mreule stesso. Il lavoro sul libretto dello scrittore e saggista Arnaldo Colasanti unisce poi estratti da altri testi di Magris a questo potentissimo spunto iniziale, veramente inciso nella carne viva del pensiero europeo d’inizio Novecento, di cui Michelstaedter è figura fondante nonostante l’esiguità dei lavori prodotti e la sua marginalità geografica rispetto ai movimenti delle grandi capitali.
L’opera nasce dopo aver ricevuto in nuce l’approvazione di Magris, intellettuale simbolo della cultura triestina e friulana nel mondo, e Giorgio Battistelli, scelto dal Teatro Verdi per essere sicuramente il compositore italiano più rappresentato e stimato a livello internazionale, ha accolto la commissione con grande entusiasmo dedicando la partitura a Magris stesso, e racconta: “Fedeli d’amore è la storia di una lunga amicizia: è la lealtà che sopravvive al dolore è la vita che si aggiunge alla vita. Il tema di questa opera di “scene liriche” ruota attorno ad una vicenda reale. Carlo Michelstaedter nasce e muore a Gorizia, trascorrendo gli anni universitari a Firenze, dove si laurea con una tesi dal titolo La Persuasione e la Rettorica, dedicata all’antico pensiero greco. Il 17 ottobre del 1910, appena laureato, si spara con la pistola che gli aveva consegnato l'amico fraterno Enrico Mreule, partito un anno prima per l'Argentina. Ma Fedeli d’amore racconta soprattutto altro. I personaggi in scena sono tre: i due amici, Carlo (tenore) ed Enrico (baritono) e poi il Mondo (coro). Enrico ha un’anima coraggiosa, parla al di là dell’oceano: la sua solitudine nella pampa è quella di chi non ha dimenticato nulla e che continua a stringere con le dita nelle dita un dialogo visionario, ricolmo di promesse mantenute. Carlo invece è colui che ascolta, esile, sfuggente, segreto, l’eremita chiuso nella stanza. La sua voce è assoluta e irreparabile, ma è anche l’ardente pazienza di chi beve fino all’ultima goccia il dono breve e inestimabile della vita. Poi c’è il Mondo, l’orrore dei giudizi e del disprezzo: la trionfante retorica che vorrebbe persuadere che niente vale e che tutto sarà distrutto, cenere su cenere, soprattutto l’umanità dei nostri desideri.
Eppure, il dialogo continua: la musica sarà sempre più forte della morte. Per quanto assurdo, quello sparo è un talismano d’amore che supera tutti i confini e i reticolati. La fedeltà ha la voce della giovinezza e questa possiede le parole vere dei sogni. Inutile voler vincere il mondo rincorrendo le leggi del mondo. A Carlo ed Enrico basta, anzi sovrabbonda, la felicità di una vita non comune ma per sempre in comune.”
“Fedeli d’Amore” CON la direzione di Enrico Calesso, Direttore Musicale del Teatro e stimato musicista con laurea in filosofia, nonché una forte passione personale proprio per il pensiero di Michelstaedter, tanto che l’intera stagione del teatro si chiuderà in simbolica Ringkomposition rispetto all’oratorio di Battistelli, con l’opera di Rid Strauss Elektra, probabilmente ancora sconosciuta al pensatore goriziano giacchè composta nel 1909, un solo anno prima della sua morte, ma di certo nodale nel suo pensiero tanto da citarla nell’epigrafe della sua celeberrima tesi La Persuasione e la Rettorica con il motto tratto dalla tragedia sofoclea: “So che faccio cose inopportune e a me non convenienti”, usato per sottolineare la ‘sconvenienza’ di una tesi di laurea che non è mai stata tale, ma che in sé dichiara la centralità del titolo nel milieu multiculturale absburgico, di cui Michelstaedter era intriso.
La Mise en Espace e la regia sono del collettivo veneto Anagoor fra cui il fondatore Simone Derai come regista: compagnia aperta, laboratorio continuo nella commistione fra le arti e i linguaggi, il teatro di Anagoor, intriso di letteratura e filosofia, è dunque perfetto per interpretare “Fedeli d’Amore” nello spazio irrituale dell’Hangar Aeroporto Amedeo Duca d’Aosta di Gorizia, ove il pubblico sarà coinvolto nell’azione scenica e l’orario della recita conduce al tramonto come quinta teatrale per una performance in dialogo serrato con l’hic et nunc del luogo d’azione, la terra friulana, la sua identità di confine, da sempre ponte ideale tra lingue e culture per destino e vocazione.
Carlo Michelstaedter è interpretato dal giovane tenore cubano Bryan Lopez Gonzales, in brillante carriera internazionale ma al contempo ben noto nei territori di frontiera come Slovenia e Croazia Enrico Mreule dal solido baritono Federico Longhi, già stimato al Verdi per il ruolo di Giorgio Germont nella Traviata della scorsa stagione d’opera.

27 settembre – GORIZIA – Hangar Aeroporto “Amedeo Duca d’Aosta” – ORE 17.30 – PRIMA ASSOLUTA ingresso libero su prenotazione
28 settembre – TRIESTE – Teatro Lirico Giuseppe Verdi – ORE 18

FEDELI D’AMORE di Giorgio Battistelli
SCENE LIRICHE per soli, coro e orchestra
Nuova Commissione della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste – 2025
da Carlo Michelstaedter e Claudio Magris
Libretto di Arnaldo Colasanti
Editore Casa Ricordi, Milano
Direttore ENRICO CALESSO
Mise en espace di Anagoor
Regia Simone Derai
Assistenza regia e cura del progetto Luca Altavilla e Marco Menegoni

Carlo - Bryan Lopez Gonzales, tenore
Enrico - Federico Longhi, baritono

Maestro del Coro PAOLO LONGO
ORCHESTRA E CORO DELLA FONDAZIONE TEATRO LIRICO GIUSEPPE VERDI DI TRIESTE

In occasione di GO! 2025 Nova Gorica Gorizia European Capital of Culture, il Teatro Verdi di Trieste, in collaborazione con Regione FVG, presenta la nuova commissione al compositore Giorgio Battistelli “Fedeli d’Amore”, con libretto liberamente ispirato a testi di Claudio Magris a partire dal romanzo di debutto “Un altro mare” sulla figura del filosofo goriziano Carlo Michelstaedter, personalità apicale del pensiero novecentesco europeo.

ABSTRACT “FEDELI D’AMORE” A CURA DI ARNALDO COLASANTI

Il nemico peggiore della democrazia di oggi non è il tiranno ma è il conformismo, la mediocrità diffusa, la sparizione dell’altezza e della stessa ambizione del pensiero. E questo è gravissimo, giacché la posta in palio della società conformista è la radicale perdita della realtà, è la fuoriuscita degli individui dal desiderio stesso di vivere, che viene sostituito, in ribasso, da un’omologazione dei pensieri.
Il mondo contemporaneo, nel suo atto di sudditanza alla tecnologia, impone l’ordine della piattezza e della superficialità: grida al totem dei diritti solo perché non sa più come giustificare l’unica cosa che tenga insieme una collettività, cioè la necessità dei doveri e della crescita comune.
La vicenda dolorosa di Carlo Michelstaedter è il punto chiave di una filosofia che si oppone alla morte del pensiero. Ed è questo che mi ha interessato quando ho pensato di scrivere un’opera su Carlo e sul suo amico Enrico. Carlo nasce e muore a Gorizia, trascorre gli anni universitari a Firenze e li conclude con una tesi dal titolo La Persuasione e la Rettorica, dedicata all’antico pensiero greco. Il 17 ottobre del 1910, appena laureato, si spara con la pistola che gli aveva consegnato l'amico fraterno Enrico Mreule, partito un anno prima per l'Argentina.
Fedeli d’amore è la storia di una lunga amicizia: è la lealtà che sopravvive al dolore è la vita che si aggiunge alla vita. Ma soprattutto significa altro: è il grido di battaglia contro l’aridità del mondo. I personaggi in scena sono tre: i due amici, Carlo (Bryan Lopez Gonzales, tenore) ed Enrico (Federico Longhi, baritono). Enrico ha un’anima coraggiosa, parla al di là dell’oceano: la sua solitudine nella pampa è quella di chi non ha dimenticato nulla e che continua a stringere con le dita nelle dita un dialogo visionario, ricolmo di promesse mantenute. Carlo invece è colui che ascolta, esile, sfuggente, segreto, l’eremita chiuso nella stanza. La sua voce è assoluta e irreparabile, ma è anche l’ardente pazienza di chi beve fino all’ultima goccia il dono breve e inestimabile della vita. Poi c’è il Mondo, l’orrore dei giudizi e del disprezzo: la trionfante retorica che vorrebbe persuadere che niente vale e che tutto sarà distrutto, cenere su cenere, soprattutto l’umanità dei nostri desideri.
Eppure, il dialogo continua: la musica sarà sempre più forte della morte. Per quanto assurdo, quello sparo è un talismano d’amore che supera tutti i confini e i reticolati. La fedeltà ha la voce della giovinezza e questa possiede le parole vere dei sogni. Inutile voler vincere il mondo rincorrendo le leggi del mondo. A Carlo ed Enrico basta, anzi sovrabbonda, la felicità di una vita non comune ma per sempre in comune.
Il pensiero della crisi del Novecento continua a parlarci. Non è così plausibile che il dominio della tecnocrazia sia davvero la morte dell’arte e della filosofia. Quest’opera crede con forza che l’unica salvezza dell’Europa di oggi sia ripensare con coraggio la vocazione a pensare un’idea alta di esistenza e di conoscenza, specie per le nuove generazioni. La messa a morte del conformismo vuol dire il ritorno del desiderio di verità e di gioia in quest’epoca di paura. L’Europa burocratica verrà salvata dall’arte, dalla sua intelligenza. Come sempre dalla musica.



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