DON PASQUALE, L’OPERA BUFFA SUL PALCOSCENICO DI TRIESTE
(M.B.) Sarà Don Pasquale, opera buffa in tre atti, con la musica di Gaetano Donizetti, il prossimo spettacolo in scena al Teatro Verdi nell’ambito della Stagione Lirica e di Balletto 2022, con la prima venerdì 1 aprile alle 20.30. Maestro Concertatore e Direttore Roberto Gianola, regia di Gianni Marras, scene e costumi di Davide Amadei. Maestro del Coro Paolo Longo. Allestimento della Fondazione Teatro Comunale di Bologna, Orchestra, Coro e Tecnici della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.
Nel cast, Ernesto sarà Antonino Siragusa (1, 3, 7/IV) e César Cortés (2, 5, 9/IV). Norina sarà interpretata da Nina Muho (1, 3, 5, 7 /IV) ed Elisa Verzier (2, 9 /IV). Don Pasquale sarà Pablo Ruiz (1, 3, 5, 7 /IV) e Michele Govi (2, 9 /IV). Il Dottor Malatesta sarà Vincenzo Nizzardo (1, 3, 5, 7 /IV) e Bruno Taddia (2, 9 /IV). Un Notaro Armando Badia, Mimo Daniele Palumbo.
«La commedia all'italiana è questo: trattare con termini comici, divertenti, ironici, umoristici degli argomenti che sono invece drammatici. È questo che distingue la commedia all'italiana da tutte le altre commedie...” (Mario Monicelli). Inizio queste mie note di regia - racconta Marras - citando il grande Monicelli perché, quando iniziai a studiare il Don Pasquale di Donizetti con il mio scenografo/costumista Davide Amadei, ci rendemmo conto che i personaggi di quest’opera buffa erano gli antesignani di quelli che col tempo sarebbero diventati i personaggi interpretati dai comici e dalle soubrette dell’operetta e dell’avanspettacolo; un filone da cui avrebbero attinto personaggi, situazioni e tempi comici anche i registi che hanno dato vita alla “commedia all’italiana”, cioè quel filone cinematografico sorto in Italia nella seconda metà degli anni Cinquanta del Novecento e sviluppatosi nei successivi anni Sessanta e Settanta. Più che un vero e proprio genere, il termine indica un periodo in cui in Italia venivano prodotte principalmente commedie brillanti, ma con dei contenuti comuni come la satira di costume e l'ambientazione preferibilmente borghese, spesso caratterizzate da una sostanziale amarezza di fondo che stempera i contenuti comici. E quale opera buffa più del Don Pasquale ricalca queste caratteristiche? Approfondendo lo studio del libretto e dello spartito ci siamo accorti che l’ambientazione romana calzava a pennello, nelle varie scene, e trovava numerosi riscontri del periodo dei primi anni ’60 italiani. Come non ritrovare in Totò, Peppino e la malafemmina (1957) i nostri moderni Don Pasquale e il dottor Malatesta? E Norina non è diventata poi la Marisa Allasio di Poveri ma belli (1957) o, in giro per Roma magari in Vespa, la Audrey Hepburn di Vacanze romane (1953)? E il ciuffo di Little Tony che canta Cuore matto (1967) non ricorda l’Ernesto che canta la sua serenata "Com’è gentil, la luna a mezzo april?" È proprio a metà di aprile del 1961 che vediamo il primo uomo nello spazio, Yuri Gagarin, ed è lì che il nostro Ernesto “cercherà lontana terra”, nel tentativo inutile di abbandonare a malincuore la sua Norina che invece, ispirata dalla lettura della storia del “cavalier Riccardo” come fosse il divo del fotoromanzo. Sogno letto in quel periodo da tante ragazze come lei, trama col dottor Malatesta per buggerare il povero zio. Dopo il matrimonio, lo fa impazzire, spendendo e spandendo il suo patrimonio in abiti stile Jacqueline Kennedy, in auto di lusso Ford Thunderbird e invadendo la casa con tutti gli elettrodomestici che erano il segno del “boom economico” di quel periodo, che portò l’Italia ad essere una delle nazioni più ricche del mondo. Al povero Don Pasquale, illuso di aver sposato una onesta “pin-up” scelta dal catalogo che Malatesta gli mostra (“Bella siccome un angelo”) e che scatena in lui “un fuoco insolito” così fortemente virile da fargli apparire la felliniana enorme Anita Ekberg de Le tentazioni del dottor Antonio (episodio del film Boccaccio ‘60 del 1962), non resta che dare ragione alla morale finale che ricorda che “è ben scemo di cervello chi s’ammoglia in tarda età”. E la scritta “FINE” cala in forma di assegno a favore dei due giovani innamorati, portato in scena dal fedele maggiordomo e sottolineato dal ghigno ironico del mitico “Groucho Marx” ingaggiato come finto notaio. Buon divertimento!»
«Donizetti è stato un genio innovatore - sottolinea Gianola - e la sua scrittura va considerata come il culmine della musica italiana nel suo momento di passaggio dal romanticismo del secondo Rossini al romanticismo appassionato che recherà i segni di Verdi. Quest'opera contiene alcune tra le pagine più belle del repertorio lirico di ogni tempo e rimane una delle più rappresentate nei teatri di tutto il mondo».
Al Teatro Verdi di Trieste la prima di Don Pasquale risale alla stagione 1848/1849, in scena negli anni successici altre 16 volte, con oltre 100 rappresentazioni complessivamente, l’ultima in ordine di tempo nel 2015.
Repliche sabato 2 aprile alle 16, domenica 3 aprile alle 16, martedì 5 aprile alle 20.30, giovedì 7 aprile alle 20.30, sabato 9 aprile alle 20.30.