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Gioved 23 Maggio 2024
In Veneto, l’inflazione più alta d’Italia. Il caro vita ha colpito, soprattutto, Venezia e Padova – rileva CGIA Mestre.

Nell’ultimo anno[1], i veneti sono stati i più colpiti d’Italia, dal caro vita; la crescita dell’inflazione[2] media nel Veneto, infatti, è stata del +1,3 per cento. Seguono la Campania e la Toscana, con il +1,2 per cento e il Friuli Venezia Giulia con il +1,1 per cento. Nonostante questo record negativo, va segnalato che, sempre tra aprile 2023 e lo stesso mese dell’anno precedente, le cose erano andate decisamente peggio: in questo periodo l’aumento in Veneto era stato del 7,7 per cento. La provincia più cara è Venezia, che negli ultimi 12 mesi, ha visto crescere l’inflazione dell’1,9 per cento. La grande vocazione turistica della città lagunare ha comportato, in particolar modo, forti incrementi di spesa delle attività riconducibili ai servizi ricettivi, alla ristorazione e alla persona. Un deciso incremento di costo ha interessato anche i trasporti, gli affitti di case/negozi e il carrello della spesa. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA. Dopo il capoluogo regionale per incremento del caro vita seguono Padova con il +1,5 per cento, Treviso con il +1,4 per cento e Vicenza con il +1,2 per cento. Le distanze tra le singole realtà territoriali sono risicatissime, tuttavia spingono all’insù il dato medio regionale che ci pone come la regione più “cara” d’Italia. Rispetto all’anno precedente (aprile 2023 su aprile 2022), le cose sono migliorate notevolmente: l’inflazione a Venezia e Padova era aumentata dell’8 per cento, a Vicenza del 7,9 per cento e a Treviso del 7,5 per cento. Ora la BCE riduca i tassi. L’inflazione è uno degli indicatori più importanti, per capire lo stato di salute di un’economia. In primo luogo, perché una sua presenza eccessiva contribuisce a erodere il potere di acquisto dei consumatori, in particolare dei percettori di reddito fisso. In secondo luogo, perché il suo andamento serve a orientare le politiche monetarie delle banche centrali. E mai come in questo momento, visto che l’inflazione sta scendendo in tutta Europa, è necessario che Francoforte riduca il tasso di interesse. Con i ritocchi all’insù, avvenuti tra giugno 2022 e settembre 2023, quello di riferimento è oggi al suo massimo storico da quando in UE c’è la moneta unica (4,5 per cento), contribuendo a ostacolare il ricorso al credito da parte delle famiglie e, soprattutto, delle imprese di piccola dimensione. Abbiamo bollette più leggere, ma le vacanze costano di più. Sebbene la crescita dell’inflazione stia rallentando, la percezione dei consumatori è che i prezzi dei beni e dei servizi stiano invece salendo. In realtà alcune voci di spesa, che incidono in misura importante sul bilancio familiare, hanno subito delle contrazioni importanti. Negli ultimi 12 mesi, ad esempio, i prezzi dell’energia elettrica e del gas sono scesi rispettivamente del 29,2 per cento e del 21,6 per cento, rendendo così le nostre bollette molto più leggere. Anche i biglietti aerei hanno registrato una decisa diminuzione: quelli internazionali dell’11,8 per cento e quelli nazionali del 6,9 per cento. Per contro, è aumentato, in particolar modo, il prezzo delle patate (+11,9 per cento), i pacchetti vacanza nel nostro Paese (+17,2 per cento) e l’olio d’oliva (+44,3 per cento). Famiglie: tra il 2021 e il 2023 rincari per 4 mila euro. La recentissima fiammata inflazionistica è costata alle famiglie italiane 4.039 euro in più. Se nel 2021, anno che ha preceduto l’avvento della crisi sanitaria, la spesa media annuale delle famiglie italiane ammontava a 21.873 euro, due anni dopo la stessa è salita a 25.913 euro. Soprattutto per le famiglie meno abbienti, l’abitazione e l’alimentare sono le voci di spesa, che hanno contribuito maggiormente ad incrementare le uscite complessive. Nulla a che vedere con 50 anni fa. Analizzando la serie storica dell’inflazione presente in Italia tra il 1948 e il 2023, riscontriamo che tra il 1956 e il 1972 (gli anni del cosiddetto “boom economico”), l’inflazione è stata mediamente del 4 per cento. Con lo scoppio della crisi energetica e a seguito degli effetti riconducibili all’accordo interconfederale sul punto unico di contingenza[3], tra il 1973 e il 1984, il caro vita medio è stato del 16 per cento, mentre tra il 1998 e il 2002 (periodo che “battezza” la nascita della BCE e dell’Euro) è crollato all’1,5 per cento. Solo tra il 2022 e il 2023 (periodo post-Covid), l’impennata dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime hanno re-infiammato l’inflazione che è tornata a salire a un tasso medio del 7 per cento. Un valore, quest’ultimo, comunque di 11 punti inferiore alla media che avevamo nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso. [1] Aprile 2024 su aprile 2023, [2] Indice generale NIC, [3] Estensione a tutti i lavoratori dipendenti della cosiddetta scala mobile.
Inflazione: il terribile male nell’economia, male, che bisogna assolutamente e continuamente monitorare e, quindi, combattere, onde, dovutamente evitare, come sopra sottolineato, che ad avere la peggio, siano il lavoro dipendente o chi di modesta o modestissima pensione, vive. Lavoro o pensioni, che, come, CGIA rileva, tanto meno, dall’allora “scala mobile” poterono, avere sollievo. Anzi, si ottenne il contrario. Questo, perché l’economia, in se stessa, non guarda agli uomini, ma, segue proprie vie, autonome, sfuggendo ad ogni intervento, ad essa esterno. Unica soluzione è quella notissima, la più naturale ed irrinunciabile: contenere, ridurre, al massimo, spesa pubblica – nulla facendo mancare al cittadino – e burocrazia, non dimenticando che, oggi, il debito pubblico assomma a 2900 mld. Occorre promuovere, quindi, in ogni modo, la crescita… Quanto al tasso d’inflazione, esso è appena accettabile, se s’assesta, e, come tale, se si riesce a mantenerlo, al massimo, al 2% annuo. Che è, pure, inflazione…, tuttavia, inevitabile…
Pierantonio Braggio






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