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Luned 1 Luglio 2024
Lavoro nero e caporalato: giro d’affari di 4,6 miliardi. Dati rilevati da CGIA Mestre. Nota del 29.6.24.

“Ammonta a 4,6 miliardi di euro il volume d’affari annuo, riconducibile al lavoro irregolare presente in Veneto. Se questo importo, lo rapportiamo al valore aggiunto totale regionale, la quota è pari al 3,1 per cento. Tra tutte le regioni d’Italia, solo la Lombardia presenta un’incidenza inferiore alla nostra. Questo vuol dire che il peso del “nero” in Veneto è molto contenuto. Nonostante ciò, questa piaga sociale deve essere monitorata costantemente e contrastata, ovunque essa si annidi. Le persone coinvolte nella nostra regione dall’economia sommersa sono stimate in 185.400 unità, pari al 6,5 per cento del totale nazionale. In termini assoluti l’esercito dei lavoratori invisibili è importante anche se, ovviamente, si ridimensiona, quando lo rapportiamo al numero degli occupati. Infatti, il tasso di irregolarità del Veneto è all’8,1 per cento e, tra tutte le aree monitorate solo la Provincia Autonoma di Bolzano, con il 7,9 per cento ha un tasso inferiore al nostro. Pur non essendoci dati a livello regionale, siamo in grado di stimare, con buona approssimazione, che anche in Veneto i settori, dove si concentra il maggior numero di lavoratori irregolari, sono i servizi alla persona (colf e badanti), l’agricoltura, le costruzioni e il settore ricettivo. Quelli appena richiamati sono alcuni flash, emersi da un’analisi, condotta dall’Ufficio studi della CGIA. Economia in nero al top in Calabria, Campania e Sicilia. Il valore aggiunto, prodotto nel 2021, dal lavoro irregolare in Italia è stato pari a 68 miliardi di euro, di cui 23,7 miliardi nel Mezzogiorno, 17,3 nel Nordovest, 14,5 nel Centro e 12,4 nel Nordest. Se misuriamo l’incidenza percentuale di questo ammontare sul valore aggiunto totale regionale, la quota più elevata, pari all’8,3 per cento, interessa la Calabria. Seguono la Campania, con il 6,9 per cento, la Sicilia con il 6,6 per cento e la Puglia con il 6,2 per cento. La media nazionale è del 4,2 per cento. Dei 2.848.100 occupati non regolari stimati in Italia dall’Istat, 1.061.900 sono ubicati nel Mezzogiorno, 691.300 nel Nordovest, 630.000 nel Centro e 464.900 nel Nordest. Se calcoliamo il tasso di irregolarità, dato dal rapporto tra il numero degli irregolari e il totale occupati per regione, la presenza più significativa si registra sempre nel Sud e, in particolare, in Calabria con il 19,6 per cento. Seguono la Campania con il 16,5 per cento e la Sicilia con il 16 per cento. Il dato medio Italia è dell’11,3 per cento. Tanto lavoro nero è diventato lavoro forzato. Dopo la crisi economica, provocata dalla pandemia, in alcune aree del paese pezzi importanti dell’economia sono passati sotto il controllo delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, che agli imponenti investimenti economici hanno affiancato l’uso della violenza, delle minacce e del sequestro dei documenti per “conquistare” il favore di ampie masse di lavoratori, soprattutto stranieri. L’applicazione di queste coercizioni ha trasformato tante sacche di economia sommersa in lavoro forzato , facendo scivolare all’interno di questo girone infernale anche molti italiani che si trovavano in condizioni di vulnerabilità. Caporalato e agroalimentare. Da sempre il fenomeno del lavoro nero/forzato è legato al caporalato. Anzi, in moltissimi casi, il primo è l’anticamera del secondo; non solo in agricoltura o nell’edilizia, ma anche nel tessile, nella logistica, nei servizi di consegna e di assistenza. Ad essere sfruttati sono i più fragili, come le persone in condizione di estrema povertà, gli immigrati e le donne. Il comparto maggiormente investito da questa piaga sociale ed economica è sicuramente l’agricoltura. Lo sfruttamento della manodopera in questo settore è riconducibile alla presenza simultanea di queste criticità: l’uso massiccio della forza lavoro per brevi periodi e in luoghi isolati, che spesso portano alla creazione di insediamenti abitativi informali; le condizioni inadeguate, sia dei servizi di trasporto, che di alloggio; lo status giuridico precario o irregolare di diversi lavoratori migranti. Fenomeni di caporalato ai danni degli immigrati sono presenti, da moltissimi decenni, nell’Agro Pontino (LT), nell’Agro nocerino-sarnese (SA), a Villa Literno (CE), nell’area della Capitanata (FG) e nella Piana di Gioia Tauro (RC). Senza contare che, da almeno venti anni, decine e decine di casi sono stati scoperti e perseguiti dalle Forze dell’Ordine, anche nelle aree agricole del Nordest. Stop al monopolio di pochi grandi. La tragedia, che si è consumata la settimana scorsa nelle campagne dell’Agro Pontino è sicuramente figlia dello sfruttamento e delle pratiche schiavistiche, praticate dagli imprenditori agricoli di quella zona. Sfruttando lo status irregolare dei migranti, gli imprenditori coinvolgono i lavoratori senza garantire contratti regolari, pagando salari bassi e innescando Una serie di problemi, legati all’ alloggio, ai trasporti e ai servizi sociali. Tuttavia, non va dimenticato che spesso queste condotte criminali sono indotte, non solo al Sud, dalla struttura del mercato agroalimentare che, spesso, è monopolizzata da poche imprese della grande distribuzione, che continuano a spremere i piccoli agricoltori, che per rimanere sul mercato sono costretti a ridurre gli stipendi della manodopera, alimentando così ancor più il sistema del caporalato. Nonostante l’Italia abbia recepito la direttiva UE contro le pratiche commerciali sleali e le vendite sottocosto, la grande distribuzione continua a mantenere i listini fermi, nonostante i rincari, mettendo in grave difficoltà tanti piccoli produttori. Ricordiamo, infine, che la legislazione italiana, appena richiamata, ha escluso dal campo di applicazione i conferimenti dei soci nelle cooperative e le cessioni di prodotti agricoli e alimentari alle organizzazioni di produttori. Questo vuol dire che chi trasferisce le sue derrate alla cooperativa o all’organizzazione dei produttori non può contare sulle tutele previste dalla legge rispetto ai tempi di pagamento e contro le vendite sottocosto. Quindi, oltre a modificare la legge nazionale, includendo anche questi soggetti tra coloro che non possono tenere pratiche commerciali sleali, bisogna incentivare l’attività ispettiva, garantendo, nel contempo, un forte aumento degli investimenti pubblici, nel settore del trasporto e soluzioni abitative temporanee, che consentano a queste persone una vita dignitosa”. Anche se non capivo, cosa significasse la voce “caporalato”, ne sentivo parlare e ne avevo letto, già decenni e decenni orsono, mentre, ancora oggi, anche e forzatamente, a causa dei dolorosi decessi sul lavoro, se ne tratta, quasi a conferma che tale ignobile voce, purtroppo, non è mai stata estirpata dal vocabolario. Il tema, disastroso e terribile, è, oggi, all’ordine de giorno, ma, non basta parlarne, occorre tempestivamente e incisivamente intervenire, al più presto e definitivamente, sotto ogni aspetto, per doveroso rispetto verso quei nostri simili, impegnati, ogni giorno, in lavori pesanti e, talvolta, purtroppo, anche pericolosi. Nessuno è a questo mondo, per lavorare gratis, per più che miseramente vivere o, addirittura, per perdere la vita.
Pierantonio Braggio







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