In Veneto, poche imprese “rosa”… CGIA Mestre, 28.12.24
Sia per incidenza percentuale sul totale, che per numero assoluto, le imprese guidate da donne venete, non sono tantissime. Nonostante, possiamo contare su un tasso di occupazione femminile in Veneto relativamente elevato, pari al 62,9 per cento - la vocazione delle donne venete ad avviare un’attività imprenditoriale è abbastanza contenuta. Complessivamente, le imprese femminili presenti nella nostra regione sono 87.840 e sul totale delle imprese presenti in regione incidono per il 20,8 per cento. A livello nazionale, solo la Lombardia con il 19,7 per cento e il Trentino Alto Adige con il 18,8 registrano un dato inferiore al nostro. La media nazionale, invece, è del 22,7 per cento . In valore assoluto, invece, tra tutte le regioni italiane il Veneto con le sue 87.840 imprese femminili si colloca al 5° posto. Benché i dati relativi al Veneto non siano particolarmente esaltanti, in molti settori anche della nostra regione le aziende guidate da donne sono fondamentali, perché continuano a dare una spinta importante alla crescita e contribuiscono ad aumentare notevolmente la qualità del sistema economico . A differenza dei colleghi maschi, inoltre, le donne imprenditrici tendono a dare lavoro soprattutto ad altre donne. In un Paese come il nostro, che ha il tasso di occupazione femminile più basso d'Europa, avere più imprenditrici è un passo decisivo per contrastare anche le disuguaglianze di genere. A differenza dei maschi, le donne assumono donne. In generale possiamo affermare che il basso tasso di occupazione femminile in Italia è principalmente attribuibile all'elevato carico di lavoro domestico che grava sulle spalle delle donne. Purtroppo, il nostro Paese ha storicamente investito in misura limitata nello sviluppo dei servizi sociali e della prima infanzia, penalizzando le donne in modo duplice. In assenza di adeguati investimenti in questi ambiti non sono stati creati nuovi posti di lavoro che avrebbero potuto essere occupati prevalentemente da donne. Numerosi studi a livello internazionale dimostrano, come l'imprenditoria femminile possa rappresentare una chiave per incrementare l'occupazione femminile; infatti le donne che fanno impresa tendono ad assumere altre donne in misura significativamente maggiore rispetto ai loro colleghi maschi. L’autoimpiego come strumento per tornare nel mercato del lavoro e conseguire i propri sogni. La letteratura specializzata evidenzia almeno due fattori che motivano le donne a intraprendere un percorso imprenditoriale. Il primo è strutturale ed è correlato alla condizione socio-economica: situazioni di disoccupazione, tradizioni familiari o la presenza di incentivi economici inducono a considerare l'imprenditorialità come necessità. Il secondo fattore è motivazionale e concerne ragioni intrinseche che spingono le donne ad abbracciare tale opportunità; questo aspetto sembra rispecchiare maggiormente la sensibilità femminile. Grazie all’autoimprenditorialità, le donne possono gestire con maggiore flessibilità gli impegni lavorativi insieme a quelli familiari. Inoltre, L'autoimpiego si è affermato come uno degli strumenti più efficaci per riconquistare protagonismo nella propria vita professionale e realizzare i propri obiettivi e aspirazioni, nella speranza di ottenere risultati economici gratificanti e una maggiore indipendenza. Le imprese in rosa vanno bene a Rovigo e Belluno. Il territorio veneto con l’incidenza delle imprese femminili sul totale provinciale più elevata è Rovigo. Nel capoluogo polesano, le 5.362 imprese femminili costituiscono il 23,9 per cento del totale. Seguono Belluno con un’incidenza del 21,6 per cento e 2.835 aziende a guida femminile e Verona con il 21 per cento e 17.664 attività capitanate da donne.
_________________ [1] I dati sono di fonte Camerale e includono solo le ditte individuali, le società e le imprese a conduzione femminile (o dove nelle le stesse vi sia una maggioranza di soci femmine). Non sono conteggiate le libere professioni. [2] Pensiamo al commercio, al turismo, alla ristorazione e ai servizi alla persona. [3] Tra gli altri, Gobbi L. (2009), Diverse forme di sostegno per la crescita dell’imprenditoria femminile. Analisi di storie di donne imprenditrici, Università la Sapienza, Roma.
Alla fine di qualsiasi considerazione, si tratta di dati, quelli di cui sopra, che confortano, sebbene, ovviamente, sia fortemente auspicabile un ulteriore e costante aumento dell’inserimento femminile, nel mondo del lavoro, e, specialmente, laddove, i dati scarsamente soddisfano. Comunque, la situazione, sopra esposta, conferma che spazio, per la donna, non manca, che la stessa è benvenuta e che il suo impegno, nel lavoro, è grande contributo all’evoluzione economica e sociale. Ciò, mentre, la società dev’essere d’aiuto, con “adeguati investimenti, con servizi sociali e della prima infanzia”– evidenzia, molto giustamente, CGIA Mestre – e fare in modo che non si debba più leggere la constatazione-frase: “coloro, che si trovano in condizioni di inattività, a causa della nascita di un figlio, incontrano notevoli difficoltà, nel reinserirsi nel mercato del lavoro”… Costruttivi, i concetti “autoimpiego”o “autoimprenditorialità!”, che, pur portando, con sé, rischi, e, pur richiedendo, capacità e tenacia, per superare ostacoli, fanno pensare, e, spesso, portare a “risultati economici gratificanti e una maggiore indipendenza”.
Pierantonio Braggio