“Gli italiani e il tragico evento di Marcinelle, Belgio”, verificatosi l’8 agosto1956, nella miniera di Bois du Cazier. Relatore, lo scrittore Walter Basso, nel novembre scorso. Evento, a cura della Famiglia marchigiana, Verona. Resoconto, steso dalla d
Opera, con stretto legame con Verona e in Verona, la “Famiglia marchigiana”, Associazione costituita nel 1985, dal dott. Mario Micucci, originario di Corridonia, Macerata, che, stabilitosi a Verona nel 1970, è stato Presidente Onorario della stessa, con competenza e bravura, fino alla morte, avvenuta nel febbraio del 2010; sono seguiti i presidenti Smorlesi e Sorbini. L'Associazione, di cui è attuale presidente Bianca Bosdari, mira, per statuto, a: – rinsaldare i vincoli tra i Marchigiani "esuli", dalla loro terra, onde non vada disperso l'ampio patrimonio di tradizioni, conoscenze e cultura comuni; – cercare di mantenere vivi i legami, con la terra di origine, nell'intento di proseguire un dialogo aggiornato, sulle trasformazioni e sugli avvenimenti della terra marchigiana; – integrarsi nel tessuto sociale e nella realtà culturale ed economica veronese e Veneta. Tutto questo, Famiglia marchigiana ha realizzato e sta, con costanza, realizzando, attraverso l’organizzazione di eventi diversi, fra i quali, anche la conferenza dello scrittore Walter Basso, che ha avuto luogo il 16 novembre 2024, sul tema “Gli italiani e il tragico evento di Marcinelle, Belgio”. Saputo di tale intervento e dei suoi contenuti, riguardanti un’Italia, da poco, uscita da una inutile e terribile guerra – la seconda, mondiale – nonché del sacrificio di nostri oltre 130 minatori italiani, rimasti vittime, nel posto di lavoro, in miniera, vogliamo, ora, ricordarli, non trascurando altri, caduti in altri momenti e in altre funeste circostanze, riproducendo, di seguito, il resoconto dell’incontro – …onde si sappia e non si dimentichi…! – redatto dalla dott.ssa Bartolucci: “L’importante fenomeno dell’emigrazione degli italiani all’estero ha riguardato in maniera rilevante due periodi: il primo, iniziato nel 1861, dopo l’Unità d’Italia, avente come mete l’Argentina, gli Stati Uniti e il Brasile e concluso negli anni 20 del Novecento; l’altro, denominato “emigrazione europea”, è avvenuto dopo la seconda guerra mondiale, tra il 1946 e il 1956, giungendo fino agli anni 70 del XX secolo. Proprio sulla cosiddetta “emigrazione europea”, e, in particolare, sull’emigrazione degli italiani in Belgio (un territorio dalle dimensioni pressocché analoghe a quelle della Sicilia), per lavorare nelle miniere di carbone (a partire dal 1946), si è incentrata la conferenza, promossa dalla Famiglia marchigiana di Verona e tenuta nel salone del Circolo ufficiali di Castelvecchio, il 16 novembre 2024. Alla presenza dei membri dell’Associazione, degli amici e dei simpatizzanti, dopo la breve introduzione, da parte della presidente, Bianca Bosdari, il conferenziere, lo scrittore Walter Basso, ha fatto anzitutto presente la sua lunga e minuziosa ricerca del materiale storico (foto e documenti vari), relativo a tale fenomeno migratorio, sulla spinta di dolorosi eventi di famiglia: l’esser figlio di un ex minatore in Belgio, morto di silicosi, la malattia professionale incurabile (causata dall’accumulo di silice cristallina, nei polmoni) e l’esser nipote di un altro lavoratore, zio da parte materna, morto tragicamente in miniera. Alla base di tale fenomeno migratorio, c’era stato il Protocollo italo/belga del 23 giugno 1946, in pratica un “accordo uomo/carbone”, che impegnava l’Italia a inviare 2000 lavoratori a settimana, per le miniere e il Belgio a fornire in cambio 250 kg di carbone per ogni minatore. Il Belgio aveva bisogno di manodopera, sopra tutto nella regione della Vallonia, gravata da ben 160 miniere. E molti italiani, gente umile, disposta al sacrificio e proveniente dalle zone più povere della penisola, alla ricerca di un lavoro, per sostenere la famiglia, emigrarono in Belgio, ma le condizioni di vita si rivelarono assai dure, come hanno evidenziato, fra l’altro, le numerose foto, che hanno corredato la conferenza. Dal 1946 al 1963, ha ricordato il relatore, perirono ben 867 italiani a causa di frane, di esplosioni e di grisù, il micidiale gas incolore e inodore che si forma nelle miniere di zolfo e di carbone. Il più noto dei fatti tragici è quello avvenuto l’8 agosto 1956, nella miniera di Bois du Cazier di Marcinelle, nel bacino carbonifero di Charleroi, in Vallonia, la quale presentava strutture vecchie e necessitava di messa in sicurezza (ad es., le porte frangifuoco erano di legno), insomma, una delle maggiormente pericolose. In questa vecchia miniera un incendio, divampato nel condotto principale, verso le 8 del mattino e propagatosi velocemente, non lasciò scampo ai lavoratori, veri e propri “schiavi del carbone”. La stessa sofferenza e lo stesso dolore finirono con l’unire le famiglie dei belgi e degli italiani (specie veneti, abruzzesi e marchigiani), annullando le differenze di nazionalità. Particolare commozione è stata suscitata nel pubblico presente dalla descrizione e dalle immagini delle condizioni di vita e di lavoro dei minatori in Belgio, che il conferenziere ha fornito e alle quali ha dedicato, fra l’altro, tre libri: Carne da miniera, I due volti della morte nera e Gli angeli dei musi neri. Secoli fa, lo scrittore inglese John Donne (1572/1631) già annotava: “Nessun uomo è un’isola, / completo in sé stesso; /ogni uomo è un pezzo del continente, / una parte del tutto […]. / Ogni morte d’uomo mi diminuisce, / perché io partecipo all’umanità. / E così, non mandare mai a chiedere/ per chi suona la campana: / essa suona per te”… È questa una profonda verità sociologica e antropologica. Le inchieste (con incredibili omissioni) e i diversi processi, che ne seguirono, si conclusero, a distanza di anni, con l’assoluzione dei maggiori dirigenti. Oggi, ha ricordato infine, il relatore, la miniera di Bois du Cazier di Marcinelle, ormai dismessa, fa parte dal 2001 del Patrimonio UNESCO e ospita un Museo dedicato, sia al ricordo del tragico evento, sia alla storia mineraria del Belgio”. Purtroppo, anche noi abbiamo impresse nella mente immagini d’alto sacrificio, creato, dal fenomeno migratorio italiano del periodo sopra citato, quando, da ragazzino, prendendo il treno, alla Stazione di Porta Nuova, Verona, in direzione Brennero - Monaco di Baviera – trovavamo difficilmente, posto, essendo gli scompartimenti affollati di cittadini, che, dal Sud, si recavano, in condizioni miserrime – le valige erano tenute chiuse con spago! – creando in noi, sconforto e dolore…, pensando, tra l’altro, che i viaggiatori incontrati, forzati ad abbandonare terra e famiglie, certi non erano di poter trovare all’arrivo, il contrario di scomodità e di disagio… Questo ci ha spinto a proporre quanto sopra, onde, più profondamente, ricordiamo quali pene abbiano dovuto sopportare Coloro, che ci hanno preceduto. Un grazie alla Famiglia Marchigiana e alla dott.ssa Bartolucci, per averci autorizzato a riprodurre il testo della relazione. Nella foto: la locandina, che annunciava la conferenza del dott. W. Basso. Pierantonio Braggio