A VERONA DUE NUOVE PIETRE D’INCIAMPO ALLA MEMORIA DI ARMANDO DI PIETRO E RENATO MANCINI
Da oggi ci sono due nuove pietre d’inciampo a Verona, dedicate alla memoria di Armando Di Pietro e Renato Mancini, fra le i 67 Martiri di Fossoli. Le due cerimonie per il loro posizionamento si sono tenute questa mattina, in via Fincato 9 (Di Pietro) e Corticella Fondachetto (Mancini), alla presenza del sindaco Damiano Tommasi e dell’assessore alla Memoria storica Jacopo Buffolo.
Presenti, oltre alle rappresentanze civili e militari cittadine, Maria Cleope Filippi vicepresidente della Fondazione Fossoli, vice presidente dell’Associazione Nazionale ex Deportati nei Campi Nazisti – ANED Eugenio Lafrate, Diomira Pertini (nipote dell’ex Presidente della Repubblica Sandro Pertini) Presidente dell'Associazione nazionale Ex deportati nei campi nazisti – ANED Sezione di Verona. Intervenuti anche alcuni parenti dei martiri commemorati, la nuora di Armando Di Pietro, Primavera Caidina, e due nipoti Renato Mancini, Renata e Roberta Giusti.
“E’ la prima volta che, come Amministrazione, posizioniamo delle pietre d’inciampo sul territorio cittadino – ha precisato il sindaco Damiano Tommasi –.Ve ne sono delle altre a Verona, un simbolo di quella memoria che rischiamo di perdere se non saremo capaci di continuare a darne il ricordo, anche dopo che avremo perduto tutti i testimoni ancora viventi. Queste pietre d'inciampo hanno proprio questo significato, tenere vivo il ricordo, come abbiamo scelto di fare per Armando Di Pietro e Renato Mancini, fra i caduti di Fossoli. Un simbolo dedicato anche alle loro famiglie, perché non dimentichiamo che le guerre hanno un lungo strascico di dolore e di sofferenza, soprattutto nei parenti di chi rimane vittima della tragedia. Dolori che abbiamo il dovere di ricordare e di cui abbiamo scelto di dare particolare testimonianza quest’anno nell’80° anniversario della Liberazione del Campo di Concentramento e Sterminio di Auschwitz-Birkenau”.
“Armando Di Pietro e Renato Mancini erano due militari italiani e partigiani arrestati a Verona e poi deportati al campo di Fossoli, dove la mattina del 12 luglio del ‘44, sono stati fucilati con un colpo alla nuca insieme ad altri 65 martiri – ha ricordato l’assessore Jacopo Buffolo –. I corpi vennero subito occultati e riesumati solo alla fine della guerra. Le loro storie ci raccontano le storie di tanti uomini e donne della Resistenza, che per motivazioni ed idee diverse si sono impegnati, hanno combattuto e hanno perso la vita per la nostra libertà e quella democrazia di cui tutti oggi fruiamo. Queste pietre d'inciampo ricordano quel sacrificio, ci fanno ragionare e danno memoria di quanti sono morti per la libertà contro i nazifascismi. Oggi che vediamo riemergere un linguaggio d'odio, riemergere nazionalismi in tutta Europa. è fondamentale l'impegno di ognuno e ognuna di noi”.
Le nuove pietre d’inciampo alla memoria di Armando Di Pietro e Renato Mancini, fra le i 67 Martiri di Fossoli.
Nelle pagine drammatiche della storia italiana della seconda guerra mondiale, il Campo Fossoli, vicino a Carpi, nel modenese, ha rappresentato il luogo di transito utilizzato dalle SS tedesche per la deportazione ai lager in Germania. Un luogo dell’orrore, da dove, il 12 luglio del 1944, vennero prelevati i 67 civili antifascisti dai 16 ai 64 anni che trovarono di li a poco la morte, tramite fucilazione, nella vicina al poligono di tiro di Cibeno di Carpi.
Pietre d’inciampo alla memoria. L'iniziativa di restituire dignità e di ricordare le vittime del fascismo e del nazismo attraverso una piccola pietra che riporta i dati essenziali delle loro biografie è dovuta all'artista tedesco Gunter Demnig, che dal 1996 ne ha posate in tutta Europa oltre 100.000, realizzando così il più grande museo diffuso esistente.
“Come Fondazione Fossoli – ha dichiarato Maria Cleope Filippi vicepresidente della Fondazione Fossoli – ringraziamo l’Amministrazione comunale per aver dato corso alla posa delle pietre d’inciampo, da noi promossa congiuntamente all’ANED. Pietre dedicate ai giovani martiri Armando Di Pietro di 43 anni, Renato Mancini di soli 30 anni, trucidati all’alba del 12 luglio 1944, con un colpo alla nuca con altri 65 compagni prigionieri del campo di transito di Fossoli.
Quella mattina per ordine della Gestapo sono prelevati dal campo di concentramento di Fossoli 69 internati politici, condotti al poligono di tiro di Cibeno per essere fucilati.
Sono uomini con diverse esperienze e di età differenti, provenienti da varie regioni dell’Italia. Tutti sono stati rinchiusi a Fossoli perché oppositori del nazifascismo.
Solo due internati del secondo gruppo, Mario Fasoli e Eugenio Jemina, riescono a fuggire e a salvarsi nascosti dal movimento partigiano.
La scelta di opporsi al regime fascista, fondato sulla negazione della dignità umana e dei diritti della persona, è una scelta difficile e pericolosa per la propria vita, compiuta da persone normali; una scelta compiuta insieme a tanti altri, consentendo così la nascita dell’Italia democratica”.