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Sabato 8 Marzo 2025
Lo Stato non paga. Le imprese venete aspettano 6 miliardi – CGIA Mestre, 8.3.25

“E’ un record di cui non dobbiamo essere per nulla fieri. Tra i 27 Paesi dell’UE, l’Italia presenta lo stock di debiti commerciali in rapporto al Pil più elevato di tutti. Se nel 2023[1] la nostra Pubblica Amministrazione (PA) ha accumulato mancati pagamenti ai propri fornitori pari a 2,8 punti percentuali di Pil, al secondo posto scorgiamo il Belgio con il 2,7 e al terzo il Lussemburgo con il 2,4. Tra i nostri principali concorrenti commerciali segnaliamo che la Spagna registra una incidenza dello 0,9 per cento del Pil, la Francia dell’1,6 e la Germania dell’1,9. In valore assoluto, i mancati pagamenti della nostra PA ammontano a 58,6 miliardi di euro. Di questi, secondo l’Ufficio studi della CGIA, almeno 6 miliardi sarebbero in capo alle imprese venete. In Veneto PA virtuosa. Con PNRR situazione in peggioramento? E’ comunque utile sottolineare che la Regione Veneto, le ASL e i nostri enti locali da anni pagano abbondantemente in anticipo rispetto alla scadenza stabilita per legge. Chi continua a pagare in ritardo o addirittura omette di fare questa operazione è, in particolare, lo Stato centrale e non è da escludere che con la messa a terra delle opere pubbliche legate al PNRR i tempi di pagamento si siano dilatati. Senza contare che è sempre più diffusa la richiesta, avanzata dai funzionari/dirigenti pubblici alle imprese esecutrici delle opere, di ritardare l’emissione degli stati di avanzamento dei lavori o l’invio delle fatture. Persiste l’abuso di posizione dominante. I ritardi/mancati pagamenti della nostra PA sono un malcostume che ci trasciniamo da molti decenni. Va comunque segnalato che negli ultimi anni la situazione è migliorata; le Amministrazioni dello Stato sono diventate più puntuali nel saldare le fatture entro i termini previsti dalla legge[2]. Tuttavia, faticano a smaltire lo stock accumulato negli anni precedenti, penalizzando soprattutto le piccole imprese che, a differenza delle grandi, hanno un potere negoziale molto contenuto. Anzi, spesso sono vittime predestinate dell’abuso della posizione dominante di cui dispongono i dirigenti/funzionari degli organi costituzionali, degli enti, degli istituti, delle autorità e delle fondazioni dello Stato con cui sono costretti a rapportarsi. Chi ritarda o non paga? Soprattutto lo Stato centrale. Le Amministrazioni pubbliche sono composte dalle Amministrazioni dello Stato[3], dalle Regioni e le Province autonome, dal Servizio sanitario, dagli Enti locali, dagli Enti pubblici nazionali e da Altri Enti. Sempre secondo i dati della RGS, nel 2023 tra tutte le divisioni pubbliche lo Stato centrale è quello che ha registrato la performance peggiore. Ha saldato “solo” il 92,8 per cento delle fatture ricevute, non ha pagato 1,4 miliardi di euro e ha onorato gli importi entro i termini solo nel 69,3 per cento del totale. Quasi la metà dei Ministeri è in ritardo. Ancorché negli ultimi anni la situazione generale stia migliorando, dall’analisi dell’Indice di Tempestività dei Pagamenti (ITP)[4] del 2024 riferito ai ministeri italiani abbiamo notato che 7 su 15 hanno pagato mediamente oltre i termini di legge. La situazione più critica ha interessato il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale che ha pagato con un ritardo medio annuo di 13,13 giorni. Seguono il Ministero della Cultura con 10,94 giorni, il dicastero dell’Interno con 10,71, il Turismo con 10,45, la Salute con 4,51[5], la Giustizia con 4,06 e le Infrastrutture e i Trasporti con 2,46. Per contro, i dicasteri più efficienti nel pagare i fornitori sono stati l’Ambiente con 20,91 giorni di anticipo, l’Università e la Ricerca con 15,45 e il Made in Italy con 13,85. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, invece, ha pagato con un anticipo medio di 8,48 giorni. Male ANSFISA, ANAS ed ARAN. Sempre nel 2024, tra le Amministrazioni centrali che registrano un comportamento non conforme alla legge, segnaliamo, in particolare, l’ANSFISA[6] che ha onorato le fatture ricevute con 20,62[7] giorni di ritardo, l’ANAS – che presenta un fatturato di 3,9 miliardi[8] - con 15, l’ARAN[9] con 13,12 e l’ANBSC[10] con 7,41. Infine, è alquanto singolare che un soggetto come GSE Spa[11] non abbia ancora aggiornato il dato medio 2024. Gli ultimi dati disponibili di questo gestore, infatti, sono riferiti al III e al II trimestre entrambi del 2024, con l’ITP rispettivamente del +0,54 e del +13,17. Da “deplorare” anche il comportamento tenuto dall’ANCI[12] che nel proprio sito internet ha come ultimo dato medio annuo quello del 2018 (con 13,16 giorni medi di ritardo). Secondo la Cassazione, se la PA non paga non è un problema. Secondo la Corte di Cassazione[13], il ritardato pagamento della PA rappresenta un evento prevedibile e ricorrente. Pertanto, l'imprenditore che non dispone di liquidità non può non versare le imposte all’erario, imputando questa decisione alla omessa/ritardato pagamento da parte dell’Amministrazione pubblica per cui lavora. Anche nel caso, come quello giudicato dalla Cassazione l’anno scorso, in cui l’azienda interessata operi solo ed esclusivamente per committenti pubblici. Insomma, una sentenza choc che “viola” uno dei principi cardine del nostro stato di diritto: la legge deve essere osservata da tutti, sia dai soggetti privati sia da quelli pubblici. Perché la PA fatica a pagare. Le principali cause che hanno originato questa cattiva abitudine, che ci trasciniamo da decenni sono le seguenti: la mancanza di liquidità da parte del committente pubblico; i ritardi intenzionali; l’inefficienza di molte amministrazioni a emettere in tempi ragionevolmente brevi i certificati di pagamento; le contestazioni che allungano la liquidazione delle fatture. A queste cause ne vanno aggiunte almeno altre due che, tra le altre cose, hanno indotto, nel gennaio del 2020, la Corte di Giustizia europea a condannarci. Esse sono la richiesta, spesso avanzata dalla PA nei confronti degli esecutori delle opere, di ritardare l’emissione degli stati di avanzamento dei lavori o l’invio delle fatture; l’istanza rivolta dall’Amministrazione pubblica al fornitore di accettare, durante la stipula del contratto, tempi di pagamento superiori ai limiti previsti per legge senza l’applicazione degli interessi di mora in caso di ritardo. Bisogna consentire la compensazione tra debiti fiscali e crediti commerciali. Per risolvere questa annosa questione che sta mettendo a dura prova la tenuta finanziaria di tantissime Pmi venete, per la CGIA c’è solo una cosa da fare: prevedere per legge la compensazione secca, diretta e universale tra i crediti certi liquidi ed esigibili maturati da una impresa nei confronti della PA e i debiti fiscali e contributivi che la stessa deve onorare all’erario. Grazie a questo automatismo risolveremmo un problema che ci trasciniamo appresso da decenni. Senza liquidità a disposizione, infatti, tanti piccoli imprenditori si trovano in grave difficoltà e in un momento così delicato per l’economia del Paese.
______________________
[1] Eurostat, Note on stock of liabilities of trade credits and advances, October 2024.
[2] Dal 2013, a seguito del recepimento nel nostro ordinamento della normativa europea contro i ritardi di pagamento (Direttiva UE/2011/7), i tempi di pagamento nelle transazioni commerciali tra enti pubblici italiani e aziende private non possono superare di norma i 30 giorni (60 per alcune tipologie di forniture, in particolare quelle sanitarie).
[3] Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministeri, Agenzie fiscali, Enti di regolazione dell’attività economica, Enti produttori si servizi tecnici e economici, Autorità indipendenti, Enti a struttura associativa, Enti produttori di servizi assistenziali ed Enti e istituzioni di ricerca.
[4] Stabilisce il ritardo/anticipo medio di pagamento ponderato tenuto dalla PA nelle transazioni commerciali con le imprese private. L’ITP è calcolato come la somma, per ciascuna fattura emessa a titolo corrispettivo di una transazione commerciale, dei giorni effettivi intercorrenti tra la data di scadenza della fattura o richiesta equivalente di pagamento e la data di pagamento ai fornitori moltiplicata per l'importo dovuto, rapportata alla somma degli importi pagati nel periodo di riferimento. Tutte le Amministrazioni pubbliche hanno l’obbligo per legge di aggiornare trimestralmente l’ITP.
[5] Ultimo dato disponibile aggiornato al I trimestre 2024.
[6] Agenzia Nazionale per la sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali. Il dato è aggiornato al I trimestre 2024.
[7] Dato riferito al I trimestre 2024.
[8] ANAS, Relazione finanziaria annua al 31 dicembre 2023.
[9] Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni.
[10] Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
[11] Gestore dei Servizi Energetici.
[12] Associazione Nazionale Comuni Italiani.
[13] Sentenza della Sezione tributaria del 9 maggio 2024 n° 12708.
Purtroppo, il tema ritardi, nel saldare forniture, da parte della PA, non è nuovo e CGIA Mestre, non solo l’ha sollevato, ma anche dettagliatamente spiegato, come, del resto, ancora, qui sopra, ed oggi, ci troviamo a considerarlo nuovamente, senza constatare soluzioni allo stesso. Intanto, diverse PMI, si trovano a corto di liquidità, pur disponendo di crediti da incassare, senza potere sapere, quando questi vengano rimborsati. Ciò, porta alla domanda: perché un’impresa creditrice della PA deve rivolgersi altrove, con le difficoltà, che conosciamo – e con spese di gestione, sempre maggiori – quando, incassando puntualmente il dovuto, potrebbe vedersi in ordine? Giusta la soluzione proposta da CGIA – vedi sopra – che suona: “prevedere, per legge, la compensazione secca, diretta e universale, tra i crediti certi liquidi ed esigibili, maturati da una impresa, nei confronti della PA, e i debiti fiscali e contributivi, che la stessa deve onorare all’erario. Grazie a questo automatismo risolveremmo un problema, che ci trasciniamo appresso da decenni”. Forse, tale proposta, alleggerirebbe anche il procedimento burocratico.
Pierantonio Braggio







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