In memoria di Giovanni Uberti (1888-1964) – cattolico, profondamente democratico, giornalista, fondatore, nel 1916 del Corriere del Mattino¬ – soppresso, nel 1926 –, parlamentare, prefetto e sindaco di Verona (1951-1956) – una lapide commemorativa, nel qu
Chiarisce motivi e lo svolgimento dell’evento, sopra citato, l’ampio comunicato-stampa del Comune di Verona, del 3 maggio scorso, che, di seguito, riportiamo: “Il giornale, diretto da Giovanni Uberti, che poi divenne sindaco della città di Verona, fu fatto chiudere dai fascisti nel 1926, dopo essere stato, in quegli anni, l’ultima voce libera di Verona, nonostante i continui sequestri, dopo le leggi del 1924, contro la liberà di stampa. La cerimonia, organizzata nella Giornata Internazionale, dedicata alla libertà di stampa, si inserisce nell’articolato programma che il Comune ha organizzato in occasione dell’Ottantesimo anniversario della liberazione dell’Italia dal nazi fascismo. Piazzetta San Pietro Incarnario era una distesa di macerie, ottant'anni fa, quando il giornalista ed ex parlamentare Giovanni Uberti, commerciante di sementi, sopravvissuto al bombardamento del suo magazzino, vi fu raggiunto dai partigiani: il Comitato di liberazione regionale l'aveva nominato prefetto, un riconoscimento alla sua militanza antifascista, dal 1919, quale fondatore e direttore del quotidiano popolare “Corriere del Mattino”, soppresso dal regime nel 1926 (e il direttore Uberti, destituito da deputato del Partito Popolare, fu spedito al confino). Oggi, 3 maggio, giornata che ogni anno le Nazioni Unite dedicano alla libertà di stampa, il Comune di Verona ha scoperto una lapide in memoria del giornale antifascista e del suo direttore. La targa è sull'edificio ricostruito nel luogo dell'ex tipografia-redazione, oggi sede di un consultorio familiare. “La Liberazione che abbiamo celebrato il 25 aprile è l’ultimo capitolo di una dittatura che si era imposta con la violenza”, ha esordito alla cerimonia Jacopo Buffolo, assessore alla memoria storica, “siamo qui per ricordare gli assalti fascisti che avevano messo a tacere la libertà di stampa. Dalla libertà di stampa dipende la salute della nostra democrazia e se l’Italia è al 49esimo posto nella classifica mondiale del diritto alla libertà di stampa dobbiamo porci delle domande. L’esempio di Giovanni Uberti che difese fino all’ultimo la libertà di informazione ci racconta la storia di una città che ha radici nell’antifascismo. Dobbiamo essere vigili, anche, oggi, quando ci confrontiamo con leggi che limitano le libertà giornalistiche e di dissenso, perché possono rappresentare l'anticamera di qualcosa di peggiore. È bene ricordare le parole di Calamandrei, quando dice che la libertà è come l'aria, ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”. Alla scopertura della targa, hanno partecipato anche il consigliere della Provincia di Verona, Alberto Mazzurana, intervenuto sulla parola libertà “che evoca tanti pensieri e per la quale dobbiamo combattere. La libertà di informazione parte da ciascuno di noi lettori che abbiamo una responsabilità nel leggere e nel sapere interpretare le notizie. Gli editori chiaramente fanno una grande parte e hanno un grande dovere quello di assumere anche, a volte, una posizione scomoda e coraggiosa". La presidente di Assostampa Verona, Angiola Petronio, ha sottolineato come “questa targa debba essere un ricordo, ma anche un monito per una libertà che è un baluardo per noi giornalisti, ma soprattutto per i cittadini, perché rimane una colonna fondante della democrazia. Ed è un momento in cui la stampa in Italia sta vivendo situazioni difficilissime, dalle leggi bavaglio che ci impediscono in buona parte di fare il nostro lavoro, fino a una situazione economica che crea situazioni di precariato e di incertezza per i giovani che vogliono affrontare questa professione”. È seguito in Sala Arazzi di Palazzo Barbieri, dove Uberti fu “il sindaco dei poveri” nel 1951-1956, un incontro pubblico organizzato in collaborazione con Assostampa Verona – Sindacato veneto dei giornalisti e Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea (IVrR), promotori dell'iniziativa. Dopo i saluti introduttivi del Presidente di Anpi Verona, Andrea Castagna, e di Federico Melotto, presidente dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea di Verona, i giornalisti veronesi Giuseppe Anti (consigliere IvrR) e Paolo Biondani (“L'Espresso”) hanno dialogato sul tema “libertà di stampa, tra storia e cronaca”. Anti ha ricordato l'offensiva sistematica del fascismo contro la stampa, con la violenza degli squadristi (il “Corriere del Mattino” fu devastato nel 1921, poi occupato dai fascisti il 28 ottobre 1922 durante la marcia su Roma) e con leggi illiberali che dal 1924 consentivano ai prefetti di sequestrare a piacimento i giornali, quando pubblicavano notizie sgradite. Sono state mostrate alcune pagine del 1924-1925, uscite con ampi spazi in bianco, e le pagine originali con i servizi censurati sul delitto Matteotti e sulle proteste delle opposizioni democratiche. Biondani ha ricordato le difficoltà odierne dell'informazione, tra “leggi bavaglio”, querele temerarie, decurtazione dei compensi e precarizzazione della professione giornalistica. È stato presentato nell'occasione il libro di Giuseppe Anti (Im)popolare. Giovanni Uberti e il “Corriere del Mattino”, giornalismo e politica nella Verona del Novecento (Cierre edizioni, 2025), da oggi nelle librerie. L'Archivio storico della Curia diocesana di Verona, che conserva il ricchissimo Fondo Uberti, ha annunciato la prossima digitalizzazione delle annate 1916-1925 del “Corriere del Mattino”, di cui l'archivio veronese possiede l'unica raccolta. Il giornale antifascista sarà così disponibile on-line per gli studiosi”. Un’importante manifestazione, a ricordo di un Uomo – che, in verità, abbiamo avuto il piacere di conoscere e di frequentare – tutta sincerità e disponibilità, verso il prossimo, e, soprattutto, verso i meno fortunati, tanto che, un giorno alla settimana egli dedicava, in Municipio, al ricevimento di cittadini… Un comportamento sincero, derivante dall’animo, prima ancora che dagli insegnamenti ricevuti e ben al di là d’ogni passata ed attuale visione di sinistra o di destra, giacché non i colori contavano e contano, ma, i fatti. Comportamento, che, Uberti ha conservato, sino all’ultimo momento della sua vita, dopo avere superato, senza odio, le umiliazioni del regime fascista, e non avendo accettato il cambiamento di bandiera del momento, legato, com’era, ai principi cattolici, in lui felicemente inchiodati. Uomo, dedito al bene della società, specie, quella dei lavoratori e dei meno fortunati; Uomo, l’azione quale – ci permettiamo segnalare – ancora, negli anni Settanta del 1900, viva era nelle menti – semplice esempio – dei professori dell’Uni di Verona, Guido Menegazzi e Gino Barbieri, i quali ebbero ad evidenziare, cordialmente, ricordando, al modesto sottoscritto, come Uberti, con Guido Braggio ed altri, si recassero, negli anni Venti del 1900, nel Basso Veronese e nella provincia veronese, in genere, a proporre le idee sturziane… I due citati studiosi e docenti, in quel tempo giovani, partecipavano alle riunioni, da Uberti, da Braggio e da altri, condotte… Ma, ad ampliare le nostre conoscenze, sull’impegno, dignitoso ed incisivo e sull’opera di Uberti, di grande supporto è il lavoro, sopra citato, da titolo: “(Im)popolare” - Giovanni Uberti e il Corriere del Mattino” - Giornalismo e politica del Novecento - UBERTI”, di Giuseppe Anti, 391 pp., copertina lavabile, Cierre Edizioni, Caselle di Sommacampagna, Verona, 2025. Un’opera, che si legge avidamente, data la stesura semplicissima, quasi parlata, del contenuto, la quale pone in luce, con rigore scientifico, non solo la dura vita, toccata ad Uberti, al suo giornale e alla libertà di stampa stessa – giornale, peraltro, uscito nuovamente, nel secondo dopoguerra e che bene ricordiamo – ma, anche, tutti, tutti gli attori, politici e non, che furono creatori involontari del mondo, in cui, visse il grande Giovanni, dando il testo la parola a persone, la cui voce ci sembra tuttora di personalmente udire… L’interessantissimo volume, che è grande storia scritta di Verona, è suddiviso nei seguenti capitoli: Corriere del Mattino, cent’anni dopo; Dall’entusiasmo tripolino all’inutile strage; Il primo dopoguerra; L’anno della grande paura; I fascisti, dalle piazze al potere; Dalla marcia su Roma alla deviazione dell’Adige; Le ultime elezioni e, poi, la dittatura; Al confino; “L’avvenire d’Italia”: scenario di regime; Da commerciante di sementi a prefetto della Liberazione; Costituente: le “condoglianze” del Sturzo al nominato; Comandante alla “crociata” del 1948 e fantasia al potere; “Il sindaco della povera gente” e “Il trombato ed il ribelle”. Grandi ricordi, dunque: un evento, quello, sopra descritto, lodevolissimo e dovuto ad un Cittadino, attento all’aiuto al bisognoso, ma, privato della libertà di pensare e di fare conoscere e, quindi, di stampa, ed un libro, che, ripetiamo, “grande storia”, contribuisce e contribuirà a meglio conoscere la gente di Verona e Verona stessa, evidenziando esso, a viva voce, il più importante dei termini di qualsiasi dizionario: “libertà”. Pierantonio Braggio