A Gregorio X, eletto dopo quasi tre anni, si deve l’istituzione ufficiale del cosiddetto "Conclave", che prevede l’elezione del Pontefice in un luogo chiuso e inaccessibile. Il provvedimento - di cui esiste copia nell'Archivio Apostolico Vaticano - si res
Di tutto, non sappiamo mai abbastanza… Nel caso attuale, cerchiamo di conoscere di più, in fatto di storia, riguardante il “Conclave”. In merito, ci aiuta, il dettagliato testo, che segue: “Con i suoi 33 mesi, fu l’elezione del Papa più lunga della storia. Si svolse a Viterbo, dal 29 novembre 1268 al 1° settembre 1271. Portò alla proclamazione di Gregorio X, il Pontefice a cui si deve la promulgazione della Ubi Periculum, la Costituzione che, al termine del Concilio di Lione II, introdusse, per la prima volta, il termine «Conclave». Di questo importante documento, che è anche premessa della Universi Dominici Gregis, la legislazione oggi in vigore per l’elezione del Successore di Pietro, l’Archivio Apostolico Vaticano custodisce otto ratificazioni, sigillate dai Padri conciliari. Sono esemplari di formato voluminoso, in buono stato di conservazione e contraddistinti, dai sigilli dei vescovi di Francia, Inghilterra, Irlanda, Scozia, Spagna Italia, dai patriarchi di Costantinopoli, Antiochia, Grado e dai tre abati degli ordini religiosi: cistercensi, cluniacensi e premostratensi. A mostrarci una di queste pergamene è Marco Maiorino, Scriptor dell’Archivio Apostolico: “Il Conclave di Viterbo – egli spiega - si svolse alla fine di un secolo, il XIII, che, in poco più di sessant’anni, ha conosciuto dieci anni di Sede vacante”. Dopo la morte di Clemente IV, avvenuta il 29 novembre 1268, 20 cardinali elettori si riunirono nella città laziale, ma “l’assemblea fu ben presto bloccata dalla contrapposizione fra due fazioni, quella francese, formata perlopiù da cardinali, creati dal papa francese Urbano IV, e quella italiana, che aveva i numeri per non far raggiungere i 2/3 al candidato del partito avversario”. Esasperati da questo stallo, “nell’autunno 1269 i viterbesi, imprigionarono i cardinali nel palazzo pontificio della città e nel giugno 1270, scoperchiarono il tetto, arrivando a tagliare i viveri ai reclusi. Fra l’autunno del 1269 e l’estate del 1270 - prosegue lo Scriptor dell’Archivio Apostolico - il numero dei cardinali elettori si era ridotto a 16. Questi, alla fine, si accordarono per tenere un'elezione di compromesso: elessero sei di loro. con l’incarico di concordare, sul nome del candidato al quale gli altri avrebbero aderito”. Il 1° settembre 1271 avvenne l’elezione di Tebaldo Visconti, sessantunenne arcidiacono a Liegi e non ancora ordinato sacerdote, amico di san Tommaso d’Aquino e di san Bonaventura da Bagnoregio. “In quel momento si trovava ad Acri in Palestina. Giunto a Viterbo nel febbraio 1272, accettò l’elezione e prese il nome di Gregorio X”. Incoronato a Roma il 13 marzo 1272, non avendo esperienza della Curia non ebbe vita facile, nel governo della Chiesa, ma godeva di un’ottima conoscenza della situazione politica in Europa e in Terra Santa. “Non si lasciava manovrare dai cardinali”, osserva Maiorino, “piuttosto, si sforzava di portarli all'unità e all'obbedienza”. Fu proprio l’esperienza della sua elezione al soglio pontificio a spingere Gregorio X a riorganizzare l’elezione del Successore di Pietro: “La Costituzione Ubi Periculum del 16 luglio 1274, approvata nella V sessione del Concilio di Lione II, incontrò una forte resistenza da parte della maggior parte dei cardinali, ma i Padri conciliari votarono a favore della proposta del Papa. Per la prima volta, si introduce la parola «Conclave» che indica un luogo chiuso, serrato: il salone dove si sarebbero dovuti riunire i cardinali per eleggere il Pontefice”. Regole estremamente rigorose, finalizzate a scongiurare il ripetersi di una lunga Sede vacante, caratterizzano questo significativo documento. “Si prevede che, se tre giorni, dopo l'ingresso dei cardinali nel conclave, non si fosse pervenuti all'elezione, si sarebbe ridotta la consistenza dei pasti ai cardinali da due a una portata per i successivi cinque giorni. Se dopo questi cinque giorni non fossero pervenuti ancora all'elezione, i pasti sarebbero stati ridotti solo a pane, acqua e vino fino all'elezione. Inoltre si stabilì che durante il Conclave i cardinali non avrebbero percepito alcun emolumento da parte della Camera Apostolica”. Differenze e convergenze intercorrono tra la Ubi Periculum e la Universi Dominici Gregis .“La legislazione curiale - evidenzia Marco Maiorino - è tendenzialmente conservativa: ha lo scopo preciso di garantire il perseguimento della verità e la salvaguardia della giustizia. Se la Ubi Periculum prevedeva che i cardinali si adunassero in un luogo chiuso e che in questo palazzo tutti abitassero, in uno stesso salone, chiamato “Conclave”, con una sola finestra, per consentire il passaggio delle vivande destinate ai cardinali, “la Universi Dominici Gregis stabilisce ancora oggi che il Conclave debba svolgersi in settori ed edifici determinati, chiusi agli estranei e che, fino all'elezione del nuovo Pontefice, i locali della Domus Sanctae Marthae, l’edificio voluto da Giovanni Paolo II, per ospitare i cardinali, restino chiusi alle persone non autorizzate. Ci sono inoltre norme per ammettere i ritardatari al Conclave previste dalla Ubi Periculum che sono state recepite anche nella Universi Dominici Gregis”. Di grande interesse, impatto e attualità resta il testo più ampio della Costituzione Ubi Periculum, copiato nel Registro papale. I Padri conciliari scrivono: «preghiamo gli stessi cardinali perché riflettano con attenzione sul dovere, che pesa su di loro quando si tratta di eleggere il vicario di Gesù Cristo, e successore di Pietro, capo della Chiesa universale e guida del gregge del Signore. Dimessa ogni privata passione, non guardino tanto a sé stessi. Nessuno, salvo Dio, influenzi il loro giudizio nell'elezione. Cerchino senza paura ciò che è di comune utilità, tendendo unicamente ad affrettare un’elezione utile e necessarissima, dando con sollecitudine alla stessa chiesa uno sposo degno. I fedeli non devono confidare tanto in una elezione sollecita, ma piuttosto nel potere di intercessione della preghiera umile e devota». Forse, se è chiaro, umano, che attenzione, attesa e santa curiosità, non disgiunte da grande fede, dominino gli animi dei fedeli, aspettando l’annuncio: “habemus Papam!”, è altrettanto importante meditare sull’ultima frase del dettagliato testo, sopra riportata, che invita a non “confidare tanto, in una elezione sollecita, ma, piuttosto, nel potere di intercessione della preghiera, umile e devota». Belle, straordinarie, parole che completano la frase, qui, un po’ più sopra stesa, volta a raccomandare ai Cardinali elettori di dare alla Chiesa “uno Sposo degno”, quali quelli, che, sinora, con la loro presenza e con le loro parole, ci hanno confortato.
Pierantonio Braggio.