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Domenica 8 Giugno 2025
GALLERIA D’ARTE MODERNA ACHILLE FORTI. LO STUDIO SUL COLLE, GUIDO TRENTINI E ANGELO ZAMBONI

Alle ore 17 di oggi l’inaugurazione ufficiale alla presenza dell’assessora alla Cultura Marta Ugolini. L’esposizione resterà visibile fino al 25 gennaio 2026.
Un’occasione unica per vedere raccolte le cinque piante rosse di Trentini, presentate al pubblico per la prima volta insieme.


In occasione della donazione al Comune di Verona, per la Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, di cinque opere di Guido Trentini da parte di Alessandro Profumo, si presenta, a Palazzo della Ragione, la mostra Lo studio sul colle. Guido Trentini e Angelo Zamboni.

La mostra, a cura di Isabella Brezigar e Patrizia Nuzzo, è dedicata a due artisti protagonisti di una fertile stagione di rinnovamento artistico e letterario della città di Verona: Guido Trentini (1889-1975) e Angelo Zamboni (1895-1939).


“Accogliere un’opera in una collezione pubblica significa offrirla a uno sguardo collettivo, renderla parte di un patrimonio condiviso, capace di parlare a persone diverse – sottolinea l’assessora alla Cultura Marta Ugolini –. Un quadro in una casa privata custodisce memorie intime e familiari in un museo, quello stesso quadro si apre a nuovi racconti, entra in dialogo con altri capolavori, ispira domande e riflessioni. È un passaggio di soglia, che arricchisce non solo il museo, ma l’intera comunità. Siamo pertanto grati ad Alessandro Profumo per la donazione delle opere di Guido Trentini ma anche alla Direzione Musei civici e alla curatrice della GAM per averla saputa trasformare in un'occasione di valorizzazione”.

“Una rassegna che nasce, si nutre e si realizza su quelle che sono le suggestioni, le relazioni, gli incontri che si verificano nei primi due decenni del secolo, nel Novecento, quando la nostra città vive un particolare fermento artistico per cui poeti, letterati, filosofi si incontrano e discutono in uno studio, ‘Lo studio sul Colle’ appunto, che ci ha ispirato il titolo della mostra – spiega Patrizia Nuzzo, Curatore Responsabile delle Collezioni d'Arte Moderna e Contemporanea –. L’esposizione racconta con garbo e grande puntualità questo straordinario tessuto di relazioni, mettendo ogni dipinto in dialogo con le diverse opere in mostra, generando una suggestiva immersione artistica”.

“Un progetto corale che ci ha visti impegnati per diversi anni – evidenzia Isabella Brezigar, curatore - Ufficio coordinamento mostre-Referente Archivio GAM – e si basa su una collaborazione con collezionisti, enti e archivi ed eredi degli artisti, che sono stati molto generosi e hanno partecipato alla ricerca e al reperimento non solo dei dipinti ma anche dei materiali.
La mostra è un'occasione unica per vedere raccolte le cinque piante rosse di Trentini, presentate al pubblico per la prima volta insieme”.


La mostra
Tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, la cultura figurative veronese è alimentata da influenze eterogenee: da un lato Venezia, finestra sull’arte europea più avanzata per il tramite delle esposizioni della Biennale e delle rassegne di Ca’ Pesaro dall’altro il rapporto diretto con i centri culturali della Mitteleuropa, in particolare Vienna e Monaco di Baviera, destinazioni privilegiate dagli artisti veronesi per la propria formazione.
In questo clima di scambi e ricerche, la scena artistica scaligera si rivela ricettiva rispetto a una pluralità di suggestioni: dalle influenze di Gustav Klimt e del Simbolismo all’energia cromatica dei Fauves, dalle sintesi formali della scuola di Pont-Aven alla spiritualità del colore e delle forme di Paul Gauguin.

Una figura chiave come quella di Felice Casorati, stabilitasi a Verona nel 1911, favorisce la diffusione e il consolidarsi di questi stimoli artistici in città. La sua presenza riveste un determinante ruolo di collegamento tra gli artisti locali e il critico Nino Barbantini, direttore della Galleria internazionale d’arte moderna e delle esposizioni della Fondazione Bevilacqua La Masa di Ca’ Pesaro a Venezia. Attraverso Casorati, il gruppo veronese entra in contatto con i più attivi cenacoli artistici di Napoli, Roma e Torino, varcando i confini dell’ambiente provinciale.

Guido Trentini e Angelo Zamboni fanno parte della cerchia di giovani artisti veronesi che segnano una rottura con la precedente tradizione antiaccademica.

Le poetiche dei due artisti si incontrano durante il periodo di condivisione dei rispettivi studi in un piccolo edificio sul Colle San Pietro, da qui l’ispirazione del titolo dell’esposizione. La «magra casetta gialla», così descritta dal poeta e letterato veronese Lionello Fiumi in Li ho veduti così (1952) – raccolta di ritratti dedicati ai protagonisti della vita culturale veronese del primo Novecento – si trova su un’altura circondata dai resti dell’antico Teatro romano, luogo suggestivo dal fascino di una «provinciale Montmartre».

La mostra Lo studio sul Colle. Guido Trentini e Angelo Zamboni – resa possibile grazie alla preziosa collaborazione di collezionisti privati, istituzioni ed enti – raccoglie una selezione di opere dei due autori, accomunati dall’interesse per le suggestioni dei linguaggi secessionisti e post-impressionisti europei. Tali influenze si riflettono nelle rispettive ricerche, maturate negli anni trascorsi a stretto contatto sul Colle San Pietro, per poi evolversi distintamente nelle successive composizioni degli anni Trenta, emblematiche dell’adesione, più o meno esplicita, alla coeva stagione di “Ritorno all’ordine” che segna in quegli anni il dibattito culturale e artistico in ambito italiano e internazionale.

Il valore di una donazione
L’incremento delle raccolte d’arte rappresenta una delle missioni fondamentali per la valorizzazione e la promozione del patrimonio culturale di una comunità.
Donazioni, comodati e acquisizioni permettono ai musei di arricchire le proprie collezioni, offrendo al pubblico nuove chiavi di lettura e di approfondimento.

È in quest’ottica che si colloca l’importante donazione a favore della Galleria d’Arte Moderna Achille Forti di cinque opere di Guido Trentini, presentate in anteprima nella mostra Lo studio sul colle. Guido Trentini e Angelo Zamboni.

L’esposizioneoffre infatti l’opportunità di celebrare la donazione voluta da Alessandro Profumo per desiderio della defunta moglie Silvana, figlia insieme ad Anna, dell’artista.
I lavori sono riferibili agli anni Trenta del Novecento, periodo in cui Trentini affianca alla pittura di figura una significativa produzione di nature morte, che rivelano un’attenta riflessione sui valori classici e tradizionali della pittura. Oggetti di uso quotidiano dalle forme geometriche pure – quali la sfera di un’arancia, il parallelepipedo di un libro – vengono posti accanto ad elementi irregolari a determinare contrasti visivi calibrati e una resa plastica della forma che evocano un senso di mistero e di attesa.

I dipinti – che vanno ad accrescere il corpus di opere di Trentini già nella collezione della Galleria – riflettono l’adesione del pittore al clima artistico del cosiddetto “Ritorno all’ordine”, che contraddistingue il panorama culturale italiano e internazionale tra i due conflitti mondiali. In contrapposizione alle sperimentazioni più estreme delle avanguardie di inizio secolo, l’artista predilige un linguaggio misurato, fatto di forme semplificate e composizioni “stabili” che si congiungono alla tradizione figurativa classica italiana.

Guido Trentini (Verona, 9 ottobre 1889 - 30 novembre 1975)

Nato da una famiglia di pittori e decoratori, Guido Trentini si avvia precocemente alla carriera artistica sull’esempio del padre Attilio, formandosi presso l’Accademia Cignaroli e Scuola Brenzoni di Pittura e Scultura, sotto la guida di Alfredo Savini ed esordendo alla Biennale d’arte di Verona nel 1906.
Dopo aver partecipato ad alcune rassegne cittadine, nel 1910 viene invitato alla IX Esposizione internazionale d’Arte di Venezia, nella sala riservata ai giovani, dove conosce Felice Casorati ed entra in contatto con gli artisti di Ca’ Pesaro, aggiornando la propria pittura dalla giovanile vocazione verista verso un gusto di stampo liberty-decorativo e avvicinandosi fortemente alle esperienze secessioniste di matrice mitteleuropea.
Alle forti cromie fauves contrappone, dal 1916, una ricerca orientata verso la semplificazione formale, lavorando in stretta vicinanza con Angelo Zamboni: in questo periodo hanno entrambi uno studio in un edificio sopra le scalette che, dalle rive dell’Adige, portano al Colle San Pietro, luogo che diviene un punto d’incontro per gli animatori della vivace stagione artistica e intellettuale della Verona del tempo.
I paesaggi e le composizioni dal rigore meditato che Trentini realizza in questi anni ottengono un grande successo alle Biennali veneziane, dove l’artista nel 1922 vince con l’opera Lettura il primo premio Marini Missana, mostrandosi sempre più aggiornato rispetto alle volumetrie plastiche e ai colori terrosi della coeva stagione del “Ritorno all’Ordine”.
Nel 1924 è nominato professore di pittura all’Accademia Cignaroli. Dopo essersi trasferito a Milano e aver legato con gli artisti di Novecento, Trentini sviluppa nei decenni successivi uno stile in bilico tra i cromatismi accesi degli anni giovanili e il rigore geometrico di quelli maturi.
Rientrato a Verona dalla metà degli anni Cinquanta, si spegne nella città scaligera nel novembre 1975.

Angelo Zamboni (Verona, 31 ottobre 1895 - 1° febbraio 1939)

Nato a Verona, Angelo Zamboni vive in un contesto ricco di fermenti culturali fioriti tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, che portano la sua ricerca artistica ad assumere valenze innovative.
Dal 1910, frequenta l’Accademia Cignaroli e Scuola Brenzoni di Pittura e Scultura dove, sotto la guida di Alfredo Savini, Baldassare Longoni e Carlo Donati, mostra una precoce apertura alle esperienze delle Secessioni: le sue opere giovanili evidenziano le influenze dei gruppi di Vienna e Monaco di Baviera, mediate attraverso il filtro di personalità innovatrici quali Felice Casorati, Guido Trentini e Teodoro Wolf Ferrari.
Chiamato alle armi nel 1915, Zamboni riesce presto a tornare a Verona grazie a una licenza di convalescenza che gli consente di proseguire la propria attività pittorica, ricevendo il congedo definitivo nel 1917. Sono questi gli anni in cui frequenta i circoli intellettuali della città e affitta insieme a Lionello Fiumi uno studio sopra a quello di Trentini sul Colle San Pietro, in un edificio che diviene osservatorio sulla città romana e luogo di ricerca e di incontri.
Sulla scia di queste nuove suggestioni, l’artista tenta di cogliere l’essenza sublimata del vero ponendo l’accento su una sintesi plastica connotata da un ductus pittorico fatto di linee sottili e da una tavolozza virata su toni grigio-azzurri e ocra. Mentre i risultati della sua indagine vengono esposti alle prestigiose rassegne quali le Biennali di Venezia e le mostre di Ca’ Pesaro, lavora anche come decoratore, dedicandosi al restauro e alla realizzazione di affreschi di edifici veronesi e della provincia.
A partire dalla metà degli anni Venti, ha inizio per l’artista un percorso di rivisitazione critica degli impressionisti e di Cézanne, che giunge a compimento nel decennio successivo con una pittura dalle pennellate stese a piccoli tratti incrociati che risente delle esperienze di Gino Rossi e Pio Semeghini.
Colto da gravi problemi di salute che rallentano la sua attività, Zamboni scompare prematuramente nel febbraio 1939.



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