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Sabato 14 Giugno 2025
Lunedì è il tax day: i veneti daranno all’erario 3,9 miliardi. Altri 1,5, entro il 30 giugno – CGIA Mestre, 14 giugno 2025

E’ in arrivo il primo ingorgo fiscale dell’anno. Anche se, in teoria, venerdì scorso abbiamo celebrato il giorno di liberazione fiscale, la realtà, purtroppo, è molto diversa e tutt’altro, che rassicurante. Entro lunedì prossimo, infatti, i contribuenti veneti saranno chiamati a versare all’erario 3,9 miliardi di euro in tasse. Un importo, quest’ultimo, che secondo l’Ufficio studi della CGIA è certamente sottodimensionato, poiché non include il valore economico dei contributi previdenziali che dovranno essere pagati dalle imprese e dai lavoratori autonomi. In sostanza, tra soli due giorni, questa importante responsabilità fiscale si concretizzerà senza possibilità di sconto. Considerando poi la cronica carenza di liquidità che affligge soprattutto il mondo delle piccole aziende, molti imprenditori veneti hanno cerchiato sul calendario, con il pennarello rosso, sia il 16 che il 30 giugno: due scadenze fiscali che mettono “paura” e fanno “tremare” chiunque abbia a cuore la propria attività. Entro dopodomani, infatti, i titolari di impresa veneti saranno chiamati a versare all’erario almeno 3 miliardi di euro, quasi la totalità del gettito totale previsto (l’80 per cento circa). Questa cifra assoluta, in capo alle aziende, comprende, in particolare, le ritenute Irpef sui lavoratori dipendenti e sui collaboratori familiari, l’Iva, una buona parte dell’Imu e le ritenute Irpef dei lavoratori autonomi. È fondamentale sottolineare che per le imprese del Veneto il pagamento delle ritenute Irpef dei propri dipendenti e dell’Iva — importo stimato dalla CGIA in 2,5 miliardi di euro — rappresenta una mera partita di giro: nel caso delle ritenute Irpef, infatti, le aziende agiscono come sostituti d’imposta per conto dei propri lavoratori riguardo all’Iva, invece, si tratta di somme già incassate in precedenza, ogni qual volta hanno ricevuto un pagamento dalla clientela a seguito dell’emissione di una fattura. Nonostante ciò, rimane il solito problema della liquidità. Con tempi di pagamento tra le imprese private in costante aumento, tantissime attività sono a corto di liquidità, anche perché le banche, in particolare alle piccole imprese, continuano a erogare il credito con il contagocce. Giugno è da sempre il mese delle tasse. Giugno e anche novembre sono da sempre i mesi delle tasse. E se la scadenza di dopodomani sta togliendo il sonno a molti contribuenti in preda alle difficoltà di reperire i soldi per onorare le richieste del fisco, anche la scadenza di lunedì 30 giugno sarà tra le più importanti dell’anno. Nonostante il Consiglio dei Ministri abbia opportunamente rinviato al 21 luglio prossimo e senza alcuna maggiorazione il pagamento dell’Ires, dell’Irpef, dell’Irap e delle addizionali Irpef ai forfetari e alle partite Iva soggette agli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA), secondo le stime dell’Ufficio studi della CGIA, nell’ultimo giorno di questo mese è previsto un prelievo sui veneti di 1,5 miliardi di euro. Soldi che arriveranno dal pagamento dell’Ires, dell’Irap, dell’Irpef e delle addizionali regionalicomunali Irpef. In buona sostanza, dalle due scadenze previste in questo mese (lunedì 16 e lunedì 30), le casse dello Stato riscuoteranno dai veneti complessivamente 5,4 miliardi di euro. Rimaniamo tra i più tartassati in UE. Nel 2024[1] la pressione fiscale in Danimarca era al 45,4 per cento del Pil, in Francia al 45,2, in Belgio al 45,1, in Austria al 44,8 e in Lussemburgo al 43. Tra tutti i Paesi dell’UE, l’Italia si posizionava al sesto posto con un tasso del 42,6 per cento del Pil. Se tra i nostri principali competitor commerciali solo la Francia presentava un carico fiscale superiore al nostro, gli altri, invece, registravano un livello nettamente inferiore. Se in Germania il peso fiscale sul Pil era al 40,8 per cento (1,8 punti in meno rispetto al dato Italia), in Spagna addirittura era al 37,2 (5,4 punti in meno che da noi). Il tasso medio in UE, invece, era al 40,4, 2,2 punti in meno della nostra media nazionale. Record dell’ “oppressione” fiscale. Oltre ad avere un carico fiscale tra i più elevati d’Europa, l’Italia è il Paese, assieme al Portogallo, dove pagare le tasse è più difficile, in particolar modo per le imprese. Secondo le ultime statistiche elaborate dalla Banca Mondiale[2], i nostri imprenditori “perdono” 30 giorni all’anno (pari a 238 ore) per raccogliere tutte le informazioni necessarie per calcolare le imposte dovute per completare tutte le dichiarazioni dei redditi e per presentarle all’Amministrazione finanziaria per effettuare il pagamento on line o presso le autorità preposte. In Francia per espletare le incombenze burocratiche derivanti dal pagamento delle tasse sono necessari solo 17 giorni (139 ore), in Spagna 18 (143 ore) e in Germania 27 (218 ore), mentre la media dell’Area dell’Euro è di 18 giorni (147 ore). I dati si riferiscono a una media impresa (società a responsabilità limitata), al secondo anno di vita e con circa 60 addetti. L’evasione comunque è in calo. Nel 2024 l’Agenzia delle Entrate ha recuperato dalla lotta all’evasione fiscale 33,4 miliardi di euro una cifra che costituisce un record assoluto. A questa buona notizia se ne affianca un’altra: secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) l’evasione è in calo[3]. Se nel 2017 toccava i 108,4 miliardi di euro, nel 2021, ultimo anno in cui il dato è disponibile, è scesa a 82,4 miliardi di cui 72 sono ascrivibili al mancato gettito tributario e gli altri 10,4 sono il “frutto” dell’evasione contributiva. Sebbene non possiamo contare su oltre 82 miliardi di euro di entrate tributarie e contributive ogni anno, negli ultimi tempi l’Amministrazione finanziaria italiana ha imboccato la strada giusta e per gli evasori la vita è diventata molto più difficile. Grazie all’applicazione della compliance fiscale[4], dello split payment[5], della fatturazione elettronica e dell’invio telematico dei corrispettivi, una serie di contribuenti – tra cui gli evasori seriali, chi riceveva i pagamenti dallo Stato per un servizio o una prestazione lavorativa resa e poi non onorava il pagamento dell’Iva e, infine, i professionisti delle cosiddette “frodi carosello”[6] - sono stati indotti a ravvedersi. Certo, il lavoro da fare rimane ancora molto, ma le misure messe in campo in questi ultimi anni stanno riscuotendo un buon successo. L’evasione in Veneto ammonta a 6,5 miliardi. Se “regionalizziamo” gli 82,4 miliardi di euro[7] di evasione fiscale stimati dal MEF, l’area geografica che in valore assoluto registra l’evasione più elevata d’Italia è la Lombardia con 13,6 miliardi. Seguono il Lazio con 9,2 e la Campania con 7,7. Rammentando che la Lombardia conta quasi 10 milioni di abitanti – mentre il Lazio e la Campania rispettivamente 5,7 e 5,6 – da un punto di vista comparativo è più “corretto” misurare in mancato gettito imputabile agli evasori calcolando l’incidenza percentuale dell’evasione sul gettito tributario e contributivo incassato in ciascuna regione. Ebbene, se decidiamo di utilizzare questa modalità, il tasso di evasione più elevato si attesta al 20,4 per cento e riguarda la Calabria. Al 19,1 scorgiamo la Campania, al 18,7 la Puglia e al 18,3 la Sicilia. L’area più “fedele” al fisco d’Italia, invece, risulta essere la Provincia Autonoma di Bolzano con un tasso dell’8,6 per cento. In Veneto, invece, l’evasione in termini assoluti ammonta a quasi 6,5 miliardi l’anno, con una percentuale di evasione pari al 10,6. Solo la Lombardia e le altre regioni del Nordest presentano un livello di “infedeltà” inferiore al nostro. La media Italia è al 12,5 per cento. Chi non paga si sconfigge con un fisco più efficiente. Per avere la meglio sugli evasori bisogna continuare a sfruttare in modo sempre più efficiente i dati detenuti dall'Amministrazione fiscale, al fine di ottimizzare i controlli su fenomeni che, secondo le valutazioni dell'Agenzia delle Entrate, presentano elevati livelli di rischio. Tra questi si annoverano: le frodi IVA l'uso improprio di crediti inesistenti eo aiuti economici non dovuti la fittizia dichiarazione di residenza fiscale all'estero e l’occultamento di patrimoni al di fuori dei confini nazionali[8]. __________________ [1] Ultimo anno in cui i dati ci consentono di fare una comparazione tra i paesi europei [2] Doing Business 2020 [3] Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. Anno 2024, pag. 5 [4] Prassi introdotta con la legge n° 1902014 in base alla quale l’Agenzia delle Entrate con apposita comunicazione informa il contribuente su possibili irregolarità invitandolo a verificare e a ravvedersi, incentivando così l’assolvimento spontaneo degli obblighi tributari e favorendo l’emersione spontanea delle basi imponibili: [5] Detta anche scissione dei pagamenti, è una forma di liquidazione Iva. Questo provvedimento prevede che, nei rapporti tra aziendeprofessionisti e la Pubblica Amministrazione, sia quest'ultima a trattenere e versare l'imposta relativa alla transazione. Questa procedura, diventata operativa a partire dal 1° luglio 2017, devia dalla regola generale secondo cui l'Iva viene addebitata in fattura al cliente e poi versata alle casse dell'Erario dal fornitore impone invece che sia la Pubblica Amministrazione a farlo direttamente [6] E’ un’operazione fittizia o inesistente che avviene tra varie società in UE appositamente a questo scopo. Questo tipo di illecito termina nella richiesta di rimborso Iva non spettante [7] L’ultimo dato riferito allo 01-01-2022 [8] Audizione del Direttore dell’Agenzia delle Entrate e dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, Avv. Ernesto Maria Ruffini, Senato della Repubblica 6ª Commissione Finanze e Tesoro, Roma, 27 febbraio 2024, pag. 12.
Dunque, la pressione fiscale, in Italia è al 42,6% e quindi, molto pesante, rispetto a quella di altri Stati europei, ma, ancora più pesante, da noi, tenendo conto dei bassi salari e dei bassi stipendi, oggi, all’ordine del giorno, anche se, in tale materia, si avrebbe dovuto operare già in un lontano passato, pure, sostenendo l’impresa. La quale, oggi, oltre a essere appesantita dall’esigenza di predisporre, con esattezza, le denunce erariali e dal non semplice metodo di pagamento dei dovuti importi, ha il problema della mancanza di liquidità, per versare, da lunedì, il proprio dovuto. Per fortuna, tuttavia, conforta sapere – leggiamo, ancora, il comunicato, di cui sopra, di CGIA, che ringraziamo – che l’evasione è in calo e che la lotta alla stessa, nel 2024, ha fatto incassare 33,4 mld di euro. Proseguiamo!
Pierantonio Braggio



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