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Sabato 27 Settembre 2025 |
Il Veneto torna ad essere la locomotiva del Paese - CGIA Mestre, 27 settembre 2025
Dopo alcuni anni, in cui seguivamo di una incollatura Lombardia ed Emilia Romagna, secondo le ultime stime presentate da Prometeia, nel 2025, il Veneto ha messo la freccia e dovrebbe tornare a guidare la classifica nazionale della crescita economica. Con un incremento, previsto nella nostra regione, dello 0,97 per cento rispetto al 2024, dovremmo tornare a essere la locomotiva d’Italia. In valore assoluto, il Pil nominale è destinato a superare i 205 miliardi di euro. Subito dopo scorgiamo le Marche con un aumento dello 0,81 per cento e il Trentino Alto Adige con lo 0,78. Subito fuori dal podio, invece, troviamo la Lombardia e l’Emilia Romagna, entrambe con il +077. Certo, fanno sapere dall’Ufficio studi della CGIA, che ha elaborato i dati, questo risultato, se confermato, ci darebbe una grande iniezione di fiducia, anche se stiamo commentando una previsione di crescita molto contenuta, purtroppo ancora dello zero virgola. Senza contare che il clima generale è denso di nubi molto minacciose: tra guerre e tensioni geopolitiche, nell’ultima parte dell’anno il commercio mondiale potrebbe subire un ulteriore rallentamento, penalizzando quelle regioni che, come il Veneto, hanno una grossa vocazione all'export.
Tuttavia, ci sono anche a livello nazionale delle buone notizie. Il nostro Paese non è più considerato il grande "malato d’Europa" e gli italiani non sono più i maggiori tartassati tra i cittadini dell’Area Euro. Attualmente, tale primato negativo spetta alla Francia, che sta attraversando una crisi politica, sociale ed economica molto preoccupante. In termini di crescita del Pil pro capite, consumi e investimenti, l’Italia ha ampiamente superato la Francia nel corso di quest’anno quest’ultima ci precede esclusivamente per quanto concerne il carico fiscale. Tale risultato, però, non può certo essere un motivo di vanto. Anzi. Con un prelievo fiscale pari al 45,2 per cento del Pil, è come se lo scorso anno i contribuenti francesi avessero versato complessivamente 57 miliardi di euro di tassecontributi in più rispetto a noi italiani[1]. Un importo da far tremare i polsi. Tra tutti i paesi dell’Area Euro nessun altro conta una pressione fiscale superiore a quella francese. Sebbene le famiglie d’oltralpe con figli beneficiano di un sistema fiscale ancora favorevole, il prelievo fiscale ha toccato livelli che in Italia non abbiamo mai raggiunto. Nel confronto con Parigi, vinciamo noi. Ricordiamo, inoltre, che rispetto ai nostri cugini transalpini abbiamo due punti percentuali di disoccupazione in meno[2], l’anno scorso il nostro export è stato superiore di oltre 33 miliardi di dollari[3], lo spread è ai minimi storici e la situazione dei nostri conti pubblici è in netto miglioramento. Per contro, l’aumento del deficit e del debito pubblico francese hanno causato nelle settimane scorse le dimissioni del primo ministro François Bayrou, che è stato il terzo premier a lasciare l’incarico in poco più di un anno. Post pandemia: in Italia crescita record. In Germania è crisi nera. Grazie alla spinta economica registrata nel biennio 2021-2022, l’economia italiana è quella che tra i principali paesi dell’UE è “uscita†meglio dalla crisi pandemica. Se, infatti, analizziamo l’andamento del Pil reale[4] tra il 2019 e il 2024, l’Italia ha ottenuto una crescita del 5,8 per cento, la Francia del 4,3 e la Germania dello zero. Tra i big europei, solo la Spagna, con il +6,8 per cento, può contare su un incremento della ricchezza prodotta superiore al nostro. La media dei 20 paesi dell’Area Euro è stata del +4,9 per cento. Ci “prendiamo†la leadership, invece, quando analizziamo il trend del Pil reale procapite. Sempre tra il 2019 e il 2024, in Italia il “salto†in avanti è stato del 7,2 per cento, in Spagna del 3, in Francia del 2,6, mentre la Germania ha subito una contrazione dell’1,6 per cento. La media Ue è stata del +3,2 per cento. Le esportazioni del Veneto terranno? In virtù del fatto che Germania e Francia sono i due principali paesi di destinazione dell’export del Veneto, secondo la CGIA non possiamo certo rallegrarci se lì le cose non vanno bene. Purtroppo, le ricadute negative si faranno sentire anche da noi, poiché dovremmo fare i conti anche con gli effetti negativi causati dai dazi imposti dall’Amministrazione USA guidata dal presidente Trump. Se l’anno scorso il Veneto ha esportato beni e servizi verso la Germania per un valore pari a 10,5 miliardi di euro (-5,5 per cento rispetto al 2023), in Francia invece l’export è sceso a 9 miliardi (-0,8 per cento sul 2023). Insomma, i nostri macchinari, le apparecchiature elettriche, l’occhialeria, il tessile e le calzature riusciranno quest’anno a non perdere ulteriori quote dimercato, a seguito delle difficoltà economiche che Parigi e Berlino stanno vivendo?
[1] Nostra elaborazione su dati Eurostat. [2] Questa comparazione e quelle richiamate più sopra sono state estrapolate dall’ultimo rapporto della EC “European Economic Forecastâ€, Spring 2025, Institutional paper 318 – may 2025. [3] Dati di fonte Ocse.[4] Al netto dell’inflazione.
Miglioramenti, dunque in sede regionale, con un Veneto, che nuovamente s’impone, e in sede nazionale, meglio andando i conti pubblici, anche positivamente valutati, recentemente, da Fitch. Si tratterà di vedere, se tale tendenza, potrà mantenersi e, quindi, confermarsi, nonché continuare, alla luce di certi fattori negativi, a noi esterni, da CGIA Mestre, sopra menzionati, che potrebbero danneggiare il nostro pur apprezzato export, già appesantito dai trumpiani nuovi dazi. Pierantonio Braggio

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