In Ucraina, la beatificazione di don Oros, esempio di speranza, per chi vive la guerra - da: Vatican News…
Lo scorso 27 settembre, a Bilky, Ucraina, è stata celebrata la messa, con rito di beatificazione, di Pietro Paolo Oros, sacerdote dell’eparchia di rito bizantino e martire, a Mukačevo, Ucraina. La celebrazione fu presieduta dal cardinale Grzegorz Ryś, arcivescovo di Łódź, Polonia, e rappresentante del Papa. Il vescovo di rito bizantino, Teodor Matsapula, Mukačevo: "Don Oros non fu un politico, né un soldato, ma un sacerdote fedele al suo ministero, fino alla morte. Pietro Oros nacque il 14 luglio 1917, nel villaggio di Bir, Ungheria, in una famiglia della Transcarpazia, Ucraina, territorio in cui era stato inviato a svolgere il proprio ministero il padre, Ivan, sacerdote greco-cattolico. Dopo la morte di quest’ultimo, nel 1919, Pietro, insieme al fratello e alla madre, si trasferì, nel villaggio di Bereznyky, nel distretto di Svalyava, dove viveva il nonno, padre Kirilo Rakovsky. Nel 1921 la famiglia Oros si spostò, nel villaggio di Keretsky. Cinque anni dopo, nel 1926, il piccolo Pietro, all’età di nove anni, rimase orfano di madre e fu accolto dalla famiglia di un altro sacerdote greco-cattolico del villaggio di Skotarske. Nel 1942 fu ordinato presbitero della diocesi di Mukačevo. Svolse il suo ministero, in un periodo, in cui il potere sovietico cercava di sopprimere la Chiesa greco-cattolica. Nel 1949, fu proibito lo svolgimento delle attività pastorali e tutti i luoghi di culto di tale rito furono chiusi. Ma padre Pietro, non accettò di passare alla Chiesa ortodossa controllata dallo Stato, bensì rimase fedele alla sua vocazione. Agiva, nella clandestinità: celebrava le funzioni religiose, sosteneva i fedeli, serviva coloro che non volevano rinnegare la propria fede. Il 27 agosto 1953, fu ucciso da un agente dei servizi segreti (Nkvd), nel villaggio di Zarichchia, vicino a Irshava, davanti ai suoi fedeli. Era la vigilia della festa dell'Assunzione della Beata Vergine Maria e molti fedeli si erano riuniti sulle colline di Komyaty. Padre Pietro confessò tutta la notte e celebrò la Divina Liturgia. Alcuni tra i presenti notarono una persona sospetta, tra quanti si accostavano alla confessione. Avvisarono quindi padre Pietro, che si rese conto di essere in pericolo, ma rimase al suo posto fino all’alba. Raggiunto dai servizi segreti, fu prelevato e condotto forzatamente verso il villaggio di Zarichchia. Lungo la strada, nei pressi di un crocifisso — tuttora esistente — il sacerdote si rivolse ai poliziotti con queste parole: «Vi prego, lasciatemi andare». Ottenne una risposta crudele: «Prega, perché per te è finita». Allora, il presbitero si inginocchiò e consumò l’Eucaristia che aveva con sé. Poco dopo si udirono due spari alle sue spalle. Una pallottola gli attraversò il mento, ferendolo mortalmente, e lui cadde a terra. In seguito, l'assassino si vantò della sua “impresa” davanti ai conoscenti: per l’omicidio di padre Pietro, ricevette 500 rubli, che nel 1953, equivalevano quasi all’intero stipendio di un contadino per due mesi di lavoro. Il luogo di sepoltura di padre Pietro è rimasto segreto, per 39 anni. Solo dopo la legalizzazione della Chiesa greco-cattolica, sono stati trovati dei testimoni che, sotto giuramento, hanno raccontato, dove fsse sepolto il corpo. Dopo le necessarie perizie, il 23 agosto 1992, si è svolta la solenne riesumazione dei resti mortali del futuro beato. Il giorno seguente, si sono tenute le esequie le reliquie sono state deposte nella cappella, vicino alla chiesa del villaggio di Bilky, dove sono conservate ancora oggi e dove molti fedeli si sono recati in pellegrinaggio nel corso degli anni. Il 5 agosto 2022, Papa Francesco ha firmato il decreto di riconoscimento del martirio del sacerdote. Tuttavia, la cerimonia di beatificazione è stata rinviata più volte, sia a causa delle azioni belliche in Ucraina, sia per la morte di Papa Francesco, avvenuta, il 21 aprile scorso. Con l’elezione di Leone XIV al soglio pontificio, infine, la beatificazione di padre Oros venne fissata, appunto, per il 27 settembre”. La vita e la morte di questo sacerdote sono un esempio di coraggio e di speranza per gli ucraini e per tutti coloro, che oggi vivono la guerra. Egli, non era un politico né un soldato. La sua arma era la fedeltà al suo ministero e il rifiuto di sottomettersi alla forza che voleva distruggere la sua Chiesa e la dignità del popolo. Questa scelta rese padre Pietro Oros, non solo un sacerdote fedele, ma anche un testimone e un martire a soli 36 anni. Ma è proprio grazie a decisioni come questa che si preserva la dignità umana, perché egli è rimasto al fianco del suo popolo, anche quando questo significava rischiare la morte. Una scelta simile viene fatta oggi da molti ucraini: militari al fronte, volontari, cappellani, medici. La beatificazione di Petro Oros non è stata solo un evento ecclesiastico, ma anche un’occasione, per la società ucraina, di vedere, come la lotta per la libertà ha radici profonde. La storia di questo sacerdote non è lontana o astratta, bensì è un monito per ricordare che la libertà e la dignità meritano di essere difese a costo della vita”. Ricordiamo, meditiamo e impariamo, evitando, comunque e sempre, l’“odio”!
Pierantonio Braggio