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Domenica 23 Novembre 2025
L’healthcare tedesco in Italia genera il triplo delle risorse investite e dell’occupazione diretta, con una forte componente in ricerca e sviluppo

Uno studio di Luiss Business School e della Camera di Commercio Italo-Germanica rivela che le imprese tedesche del settore generano 5,4 miliardi di euro, un dato in crescita supportato da oltre 260 milioni di investimenti l’anno. Ma per liberare davvero il potenziale serve guardare alla spesa sanitaria come leva industriale, semplificare norme e ridefinire il budgeting.
Roma, 20 novembre 2025 – Le imprese del settore farmaceutico e dei dispositivi medici a capitale tedesco confermano il proprio ruolo di pilastro strategico per la crescita e la sostenibilità del sistema healthcare italiano. Con un valore della produzione di quasi 5,4 miliardi di euro nel 2023 – pari a circa l’8% del totale nazionale – e oltre 9.000 occupati diretti, queste aziende rappresentano un modello virtuoso di integrazione industriale, innovazione tecnologica e collaborazione tra Italia e Germania.
Per l’healthcare tedesco in Italia si può parlare di una vera e propria ‘regola del tre’: ogni euro investito ne produce tre di Pil, ogni occupato diretto ne genera tre di indotto. Secondo i dati del nuovo studio “L’impatto delle imprese healthcare a capitale tedesco in Italia”, realizzato da AHK Italien – Camera di Commercio Italo Germanica – e Luiss Business School, con il supporto di Bayer, Boehringer Ingelheim, B. Braun, Fresenius Kabi e Merck, l’impatto economico complessivo generato da queste realtà ha raggiunto nel 2023 circa 2,9 miliardi di euro, con un moltiplicatore pari a 2,9 euro per ogni euro di valore aggiunto e oltre 14.000 unità lavorative totali attivate lungo la filiera.
Tra il 2000 e il 2024, le imprese a capitale tedesco hanno realizzato in Italia oltre 260 milioni di euro di investimenti annui medi, di cui circa il 55% destinato alla ricerca e sviluppo, con un’attenzione crescente alle tecnologie digitali e all’innovazione dei processi produttivi. Si tratta di un dato in crescita di dieci punti percentuali rispetto al 2019 pre-Covid, che testimonia la rilevanza dell’Italia per il settore.
Le principali direttrici di investimento riguardano l’espansione della capacità produttiva, la digitalizzazione e automazione dei processi, l’efficientamento energetico e la transizione verso modelli produttivi sostenibili. Le imprese tedesche dell’healthcare, grazie alla loro natura familiare, risultano inoltre molto integrate sul territorio e con gli stakeholder locali, favorendo stabilità e tutelando la pianificazione in Italia anche in cicli apparentemente avversi.
L’Italia non è quindi solo una sede produttiva, ma soprattutto un centro di competenze e innovazione, valorizzando così la qualità delle risorse umane, la tradizione manifatturiera e la capacità di coniugare innovazione e competitività. Molte delle società presenti sul territorio italiano, infatti, fanno riferimento a grandi gruppi multinazionali, per i quali l’Italia rappresenta storicamente uno dei poli produttivi e di ricerca di maggiore importanza.
Questo approccio di “radicamento competitivo” rafforza le sinergie industriali tra i due Paesi e contribuisce alla crescita del sistema economico italiano attraverso spillover tecnologici, trasferimento di know-how e creazione di occupazione qualificata. Basti pensare che le imprese tedesche hanno attivato in Italia oltre 200 sperimentazioni cliniche, con una quota di studi di Fase I e II pari al 53%, superiore alla media nazionale. Alcuni siti italiani sono riconosciuti infatti come veri centri di eccellenza: è il caso dello stabilimento Bayer di Garbagnate Milanese, premiato dal World Economic Forum per innovazione e sostenibilità del polo di Mirandola di B.Braun per lo sviluppo internazionale di dispositivi medici del polo strategico globale Bidachem (Gruppo Boehringer Ingelheim) per la produzione di principi attivi certificato Carbon Neutral a Fornovo San Giovanni (BG), del sito di Villadose di Fresenius Kabi per la ricerca e lo sviluppo di peptidi green del sito di Guidonia e dell’Istituto di Ricerche Biomediche Antoine Marxer – RBM di Colleretto Giacosa (TO) del Gruppo Merck.

Nonostante la solidità del contributo industriale e gli investimenti significativi in ricerca e sviluppo, emergono criticità strutturali che ne frenano il potenziale di crescita. Le imprese segnalano un quadro normativo instabile e disomogeneo, una complessità burocratica che rallenta le attività autorizzative e tempi eccessivamente lunghi per l’avvio degli studi clinici, in particolare nella fase di contrattualizzazione con i centri sperimentali. A ciò si aggiungono politiche di prezzo e procurement focalizzate quasi esclusivamente sul criterio del prezzo più basso, che mettono a rischio la sostenibilità industriale in un settore già sottoposto a forte pressione competitiva internazionale. Il meccanismo del payback, inoltre, rappresenta un fattore rilevante di incertezza sulla remunerazione delle attività, indebolendo la capacità delle imprese di proporre l’Italia come sede competitiva per nuovi investimenti all’interno dei gruppi multinazionali. Tali criticità incidono negativamente sulla competitività complessiva del sistema e riducono l’efficacia degli investimenti in innovazione, digitalizzazione e ricerca clinica, vanificando parte dello sforzo industriale sostenuto dalle aziende.
Lo studio evidenzia quindi la necessità di un cambio di paradigma: la spesa sanitaria deve essere considerata una leva industriale strategica, capace di mobilitare investimenti, competenze e capacità produttive, e non un semplice strumento di contenimento della spesa pubblica. In quest’ottica, occorre ridefinire i sistemi di budgeting, intervenire sui meccanismi di payback e procurement, e avviare una profonda semplificazione amministrativa, regolatoria e fiscale, in grado di ridurre i tempi decisionali e favorire la competitività del sistema produttivo.
È inoltre fondamentale garantire una maggiore coerenza tra le politiche europee e la realtà industriale del settore. Misure come il Critical Medicines Act (CMA), la proposta di restrizione REACH sulle sostanze PFAS e la direttiva UWWTD sulle acque reflue urbane rappresentano passi importanti verso una maggiore sostenibilità, ma prevedono oneri e tempistiche che rischiano di non essere pienamente compatibili con l’operatività delle imprese, con potenziali effetti sulla continuità produttiva e sulla capacità di attrarre nuovi investimenti. La revisione della normativa farmaceutica UE desta timori perché potrebbe ridurre la tutela della proprietà intellettuale e dei dati regolamentari, compromettendo la competitività del settore e gli investimenti in ricerca e sviluppo.
«Il settore pharma e medtech costituisce uno da sempre dei pilastri delle relazioni economiche tra i nostri due Paesi» ha commentato Jörg Buck, Consigliere Delegato AHK Italien: «il radicamento delle imprese tedesche del settore in Italia è un motore di stabilità e competitività, capace di generare valore economico e sociale per entrambe le economie. In un contesto complesso, serve investire su questo rapporto, introducendo i necessari cambiamenti a livello regolativo e di budgeting per non vanificare un enorme potenziale».
Per informazioni: Luigi Daniele | danieleahk.it | 3405748476

La Camera di Commercio Italo-Germanica (AHK Italien) è un’associazione di imprese che agisce su incarico del ministero dell’Economia e dell’Energia tedesco per promuovere le relazioni economiche tra aziende italiane e tedesche. Attiva dal 1921, riunisce dai grandi gruppi tedeschi alle piccole e medie imprese italiane, dalle filiali di multinazionali ai singoli imprenditori e professionisti. Con circa 700 aziende socie e oltre 60 collaboratori nella sede di Milano, la AHK Italien è la più grande Camera di Commercio estera e associazione bilaterale in Italia.



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