A Brognoligo, Monteforte d’Alpone, Verona, produce pane artigianale e dolci di una volta l’esperto fornaio Marco Tessari, facendo rivivere tradizioni e muovere, al tempo, l’economia locale. Per meglio conoscere il creatore “del pàn e de le “tórte” de ‘na
D.: Sig. Tessari, abbiamo scoperto, con soddisfazione, in occasione dell’ “Appuntamento Soave” - Vine testing, tenutosi, presso il Circolo Ufficiali, Castel Vecchio, Verona, il 9 settembre scorso, non solo la Sua presenza, che ci ha permesso di conoscerLa, ma, anche la bella notizia della Sua attività di produttore di pane… Come e quando è arrivato a dedicarsi a questa importante ed ormai rara attività, strettamente legata a tradizioni e alla storia…? R.: Brognoligo cattura l′attenzione, per il suo nome, strano e simpatico, allo stesso tempo. Una ridente località di poche anime, frazione di Monteforte d′Alpone, in provincia di Verona, immersa in verdi colline, ricoperte di vigneti e di ciliegi: un vero spettacolo della natura, dove la vita è ancora a misura d′uomo. Qui è il mio piccolo panificio, Panificio Tessari, sulla strada principale, che rappresenta, ormai, da più di ottant’anni, il cuore e la vita del paese, dove la gente si ritrova, per comperare il pane e scambiare quattro chiacchere. Ed è proprio qui, che la mia famiglia, da ben tre generazioni, dal 1948, impasta, sforna e vende i suoi prodotti, tutti legati al territorio e alla tradizione contadina, dal pane artigianale, impastato, come una volta, alle torte di stagione, realizzate con ingredienti semplici e genuini. E per noi, non c′è maggior soddisfazione, che vedere la gente tornare, entusiasta, per avere ritrovato quei sapori di un tempo, che ormai non si sentono più…
D.: Sappiamo, dunque, che la Sua Azienda, si trova in Brognoligo di Monteforte, Verona. Come mai, non, per esempio, a Verona? R.: Purtroppo, mio padre morì, a 40 anni, nel 1990. All' epoca, avevo 14 anni e stavo frequentando Ragioneria. Da quel momento, ci fu da prendere la decisione, se portare avanti l'attività o se vendere tutto. Sapevo, già, che avrei continuato l'attività di papà Giampietro, e che non ero portato per lo studio. Mia madre, quindi, decise di tenere aperto il panificio, finché non fossi diventato maggiorenne. Lasciai la scuola e la mamma assunse una persona, che ci aiutasse. Da zero e dal poco, che ricordava mia madre, abbiamo imparato a fare il pane, alla luce dei preziosi consigli di amici fornai di papà, che ci hanno aiutato. Tutto si basava, sul pane di “una volta” e sul pane biscotto, il pane secco, tipico dei contadini. Piano, piano, alla normale produzione abbiamo cominciato ad aggiungere qualche dolce tradizionale, che mamma già faceva, in casa, o che signore del paese venivano a cucinare nel nostro forno – non disponendo di forni, ma solo di focolari – nel pomeriggio, quando il forno era basso di temperatura…
D.: Oggi, crediamo, neanche si pensa alla squisitezza del “pane” di una volta, tanto che ci si accontenta, un po’ forzatamente – cosa dovuta ai tempi – a pane fatto, sul momento… R.: Ho scelto di restare a Brognoligo – rispondo anche alla domanda precedente – perché mi sento parte di questo paese. Andando a consegnare il pane, da sempre, mi sembra di essere come il postino di una volta, un riferimento per la gente. Mi sono sposato, ho 3 figli, ho sistemato la casa dei miei genitori, che si trova proprio nel cortile del laboratorio e del negozio. Mi sono innamorato del mio lavoro e amo consegnare il pane in motorino, sulle nostre colline. Da un consiglio del mio primo maestro di pasticceria – seguii il mio primo corso alla Cast alimenti, con Iginio Massari, e capii che, se si fa un buon prodotto, non serve andare a vendere in città. …E che sarà la gente a venire da me, dalla città…
D.: Ricordo il pane di tempi, che furono, pane, che differiva, da tipo a tipo, sia in pasta, che in forma, in modo molto evidente…, a partire dal suo profumo e dal suo sapore. Come ricordo, persino, il pane al latte, al burro, all’olio e, più tardi, quello di crusca, in uso, per vari anni, anche a seconda guerra mondiale terminata… C’è, oggi, una richiesta, in tal senso? Sforna Lei, tali tipi di pane o quali propone la Sua attività? R.: Per fare il pane buono, ci vuole tempo, quel tempo che non ha più nessuno... Ci vogliono due giorni, per completare il ciclo della produzione del pane e, bene o male, bisogna essere sempre attivi. Al giorno d' oggi, Il personale costa troppo, per dedicare sì tanto tempo alla produzione: si risolve il problema, impastando e sfornando pane, in poche ore, con impasti diretti, oppure, si applica il metodo della produzione del pane, con la gestione della lievitazione, ossia, si dà forma al pane e, poi, lo si mette in stoccaggio, in celle di lievitazione, fino, anche, al congelamento, con cicli di 24 - 48 ore, per poi cuocerlo, quando serve. Tutto questo ne fa risentire alla qualità e al sapore…
D.: Ricordo anche i formati “rózéta”, “córnéti”, i “móntasù” e i “chìfàr”… Peccato che non ci siano più gli esperti “pistóri”, che li facevano… Lei dedica tempo a tali formati, che, appunto, significano anche sapori differenti? R.: Nel mio panificio si producono ancora tanti tipi di pane storici, che non sono mai cambiati, nel tempo, e ai quali, la gente è molto affezionata (dalla banana, alla mantovana o montasù, dalla rosetta croccante, al pane all' olio extravergine di oliva…). Negli anni, ho aggiunto anche pani speciali, che però faccio, con un calendario settimanale, perché non ce la farei a proporli, insieme, tutti i giorni – esempio: pane all' orzo, il martedì; pane al farro: il venerdì; pane al riso e di segale, il sabato – talché, anche il cliente, che è abituato a conservarlo, in freezer o nel nylon, si organizza e me lo prenota, per tempo. Ogni impasto, infatti, ha bisogno di una diversa lavorazione e di diversi formati, che lo distinguono. Mi piace molto, fare anche il pane a formato grande (pagnotte da 800-1000 g, fino ai 2 kg), con farine di grani antichi e solo lievito madre .
D.: Certamente, occorre, per tali formati, anche un certo tipo di impasto…, legata essendo, ad esso, la forma al contenuto… Il lievito madre… R.: Il lievito madre è stata una bella scoperta, che mi ha aperto un mondo… E' un impasto ottenuto, con acqua, farina e un terzo ingrediente (es. un cucchiaio di miele, un cucchiaio di yogurt o un pezzo di frutta zuccherina, o anche mosto d' uva), chiamato in gergo tecnico “innesco”, lasciati acidificare per diversi giorni. Il tutto ti mette alla prova, perché non è semplice da gestire. In compenso, il pane ha un sapore unico e una digeribilità incredibile, perché non lascia residui di lievito, nell' intestino.
D.: Produce anche pane di segale, alla tedesca, con tanto di saporita crosta… Quali sapori propone tale pane? R.: Il pane di segale ha, come caratteristica, la presenza di fibre solubili. Riduce i livelli di colesterolo totale e colesterolo LDL (cattivo). Ricco di fibre e composti fenolici, il pane di segale è in grado di migliorare la glicemia. Favorisce la digestione ed il transito intestinale. Non è semplice da impastare, perché richiede molta acqua e non ha maglia glutinica, cioè, l'impasto non è elastico. Lo produco il sabato, nel formato grandissimo di 3 kg. e lo propongo a fette, cosìcché il cliente può conservarlo, come preferisce, oppure, tostarlo quando serve.
D.: Che caratteristiche ha il pane biscotto “di Brognoligo”, che Lei produce? R.: Il pane biscotto è, ancora oggi, come lo era, 40 anni fa. Sono l'unico, a farlo, nel formato da 200 g – i "ciopponi"… La sua caratteristica è che si impasta, con la pasta di riporto, pasta avanzata, il giorno prima – della pasta non si butta niente! – con meno acqua (impasto duro ) … Un pane a mollica compatta, che però, viene messo a cuocere lento (biscottare ) a bassa temperatura, per cui, esso presenta un colore biancastro. Il risultato è un pane secco e friabile, che resta buono, per mesi. Per tradizione, si mangia, nel caffè-latte, al posto dei biscotti… Oppure, sempre pronto da servire, si ‘spaccava’, con un pugno, quando vi fossero ospiti, con salumi – da noi: "soprèssa", formaggi e sottaceti .
D.: Abbiamo saputo della Sua produzione di focacce e di alta pasticceria… Di che si tratta, nello specifico? R.: Le focacce, che sforno, sono frutto di corsi che ho frequentato e continuo a frequentare, per aggiornarmi. Ho avuto la fortuna di collaborare, nelle Fiere di settore, con grandi maestri della lievitazione, che mi hanno trasmesso ricette e piccoli segreti per fare buone focacce artigianali. Sono una persona curiosa e mi piace sperimentare sempre cose nuove. Con le focacce, mi sbizzarrisco, nella lievitazione, nella tipologia e nella farcitura, prestando sempre attenzione alla qualità degli ingredienti di stagione e, se possibile, del mio territorio. Per la pasticceria, è la stessa cosa. Non potendo competere, con le grandi pasticcerie di Verona e non avendo lo spazio e mezzi per farlo, mi concentro, su ingredienti della migliore qualità: meglio poco, ma, quel buono, che crea e lascia emozioni. In questi recenti anni, mi affianca mia sorella Agnese, che, specializzata in pasticceria, si dedica a creare torte moderne o per le varie cerimonie…
D.: Ci racconta un po’ della Torta Reciotina? A quale recioto ricorre, al Valpolicella o al Soave? Alla Reciotina, s’aggiunge la Torta delle Rose… R.: La Torta Reciona è stato il prodotto, che mi ha fatto conoscere, al di fuori della mia zona, e, al tempo, quello, che mi ha dato e continua a darmi più soddisfazioni. Questa torta, la faceva già mio padre e la ricetta proveniva dalla mia famiglia. L' impasto è fatto, con ingredienti semplici e genuini: farina, burro di caseificio, uova e zucchero. Vi vengono, poi, aggiunte mandorle e uvetta passita. Per tradizione, prima di mangiarla, si usava inzupparla nel bicchiere di vino dolce, essendo una torta secca. Il suo nome è sorto, dopo il 2006, in occasione di una delle prime edizioni di “Soave Versus”, evento degustativo, organizzato dall' Associazione della Strada del vino Soave e dal Consorzio del Soave, evento, in cui, si confrontavano tutti i soci produttori di vino Soave. Una mattina, presentò, in negozio, il sig. Aldo Lorenzoni – che Lei conosce – allora presidente, che mi chiese (dopo avere assaggiato la Reciotina, presso amici), se fosse stato possibile disporre di tale dolce, per abbinarlo a vini Recioto, in degustazione. Il sig. Lorenzoni mi disse, inoltre, che la Reciotina, avendo, per ingredienti, mandorle ed uvetta, era perfetta, per l’operazione, perché richiamava il gusto del vino. Per dare più sapore e fare qualcosa di nuovo, decisi anche di aggiungere, come aroma, lo stesso vino Recioto bianco. Durante la manifestazione, su invito di Aldo, andai personalmente a distribuire la torta, che ebbe enorme successo, tra gli appassionati di Recioto. A questo punto, mi si chiedeva il nome di tale torta. particolare ed artigianale, prodotta in panificio, che sembrava la classica e conosciuta sbrisolona, ma una volta assaggiata, lasciava di stucco le persone. La sera stessa, con Aldo, abbiamo annunciato il suo nome: “Tortina, con il recioto… Recio...tina”!!! Da qui, si aprì il mio approccio, con il mondo del vino. Cominciai a conoscere le varie Cantine e cantinieri, fui invitato ai vari eventi e mi feci socio dell'Associazione Strada del Vino, con il suo presidente, Paolo Menapace. Grazie a lui, la torta Reciotina è stata inserita, come torta tradizionale del territorio di Soave ed dell’Est Veronese. Mi sorprende, ogni volta, l'espressione di chi assaggia, davanti a me, la torta, di come la stessa ricordi i sapori semplici, ma, buoni di una volta, di come bisognerebbe tornare indietro, a impiegare ingredienti genuini, che, ormai, non si usano più. Ecco, questa è stata e sarà sempre la mia filosofia di lavoro e di stimolo a fare conoscere alle nuove generazioni cosa significhi “avere passione per il proprio lavoro, di come sia importante avere “tradizioni”, da riproporre, di come sia davvero ”salutare“ un pezzo di “pane artigianale” o un “dolce fatto bene”. Diceva, sempre, mio nonno: “Chelo, che no te spendi, ‘dèsso, par el magnàr sano e bòno, Te lo spendarè – ossia, lo spenderai – el dopio, in medissìne – medicine –, un domàn!!!
Nella grande sostanza, Lei si attiene, dunque, alla tradizione locale, montefortiana e veronese, ricreando usi, consuetudini e proponendo storia, storia di pane e di dolciumi, che si ravviva, nel Suo artigianale sfornato…, e che, quindi, non è solo parole, ma fatti… Una bella idea, quella di essersi inserito in questa parlante attività, che onora Brognoligo, Monteforte, Soave e Verona, e che fa ricordare, come, in un lontano passato, non mancassero gusti e sapori, tutti derivanti, da quanto offriva e sa ancora offrire la Sua terra. Un tutto, legato alla natura, che, con la Reciotina, fa pensare, come da Lei descritto, al brillante Soave e al Passito Soave, figli della bionda Gargànega… Grazie, per la Sua disponibilità e complimenti, per le Sue iniziative, che sono anche grande contributo all’economia locale, oltre che grande, vivo ricordo delle Vostre storiche tradizioni. Nella foto: ‘l “pistór” Marco, al lavoro…!
Pierantonio Braggio
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