Famiglie: cibo, benzina e bollette assorbono oltre la metà della spesa totale. Al sud, quasi il 60%. Acquisti di Natale, previsti in calo: un miliardo in meno, rispetto alla spesa 2023. Le cause? Sfiducia e Black Friday. CGIA Mestre, 23.11.24.
“Le spese “obbligate”(1), sostenute mensilmente nel 2023, dalle famiglie italiane - vale a dire quelle che riguardano indicativamente l’acquisto di cibo, carburante e bollette – hanno raggiunto i 1.191 euro, pari al 56 per cento della spesa totale che, invece, in valore assoluto si è attestata a 2.128 euro. Un’incidenza in calo rispetto al dato del 2022 (57,1 per cento), ma decisamente superiore alle quote che registravamo prima dell’avvento della pandemia. Queste informazioni sono state elaborate dall’Ufficio studi della CGIA. Spese obbligate più elevate a causa dell'inflazione. Dopo il periodo del Covid e la crisi energetica, che hanno caratterizzato il triennio 2020/2022, le spese “obbligate” si sono stabilizzate su soglie più elevate. A causa, sicuramente, anche del forte aumento dell’inflazione e della conseguente erosione degli stipendi, che si sono verificati in questi anni, molte famiglie sono state costrette a concentrare gli acquisti, in particolare, per “vivere” e per recarsi/tornare dai luoghi di lavoro/studio. Alimentari e bevande, le voci che frenano di più. Scomponendo i 1.191 euro di spesa mensile obbligata, constatiamo che 526 euro sono riconducibili all’acquisto di beni alimentari e bevande analcoliche, 374, per la manutenzione della casa, bollette[1] e spese condominiali, e 291, per i trasporti, ovvero, per il pieno dell’auto e per gli abbonamenti su bus/tram/metro/treni. A questi 1.191 euro, vanno sommati 937 euro che, invece, sono ascrivibili alla cosiddetta spesa complementare[2], che fa salire la spesa complessiva media nazionale a 2.128 euro. Nel Sud, l’incidenza delle spese fisse sfiora il 60%. Analizzando la situazione, per aree geografiche, emergono forti differenze di spesa, tra il Nord e il Sud del Paese. Se a Nordovest la spesa complessiva mensile nel 2023 è stata pari a 2.337 euro, nel Mezzogiorno ha toccato i 1.758 euro (-24,7 per cento). Per quanto riguarda le spese “obbligate”, invece, è il Mezzogiorno a registrare un’incidenza di queste ultime sulla spesa totale più elevata d’Italia. Se nel Nordovest e nel Nordest, la quota sul totale è del 55 per cento circa, al Sud sale al 59,4 per cento. Questo risultato è riconducibile al fatto che, in particolar modo, la spesa media, per i beni alimentari del Mezzogiorno, non ha eguali tra le altre ripartizioni geografiche. Se in termini monetari la spesa mensile media più importante nel 2023 per cibo, bollette e carburante è stata registrata dalle famiglie del Nord - in Trentino Alto Adige con 1.462 euro, in Lombardia con 1.334 euro e in Friuli Venezia Giulia con 1.312 euro – come detto precedentemente, l’incidenza delle spese obbligate sul totale è risultata più elevata nelle regioni meridionali – Calabria con il 63,4 per cento, Campania con il 60,8, e Basilicata, con il 60,2%. Questo trend preoccupa anche artigiani e commercianti. Gli artigiani e i piccoli commercianti vivono prevalentemente dei consumi delle famiglie, in particolare di quelle, che risiedono nelle aree, in cui sono ubicate fisicamente queste piccole realtà imprenditoriali. Se gli acquisti diminuiscono e la maggior parte di essi è destinata a “coprire” le spese “obbligate”, è evidente che anche i fatturati delle piccole realtà artigianali e commerciali ne risentono negativamente. La crisi che ha interessato tantissime botteghe artigiane e altrettanti negozi di vicinato è sicuramente ascrivibile alle tasse, ai costi elevati degli affitti, alla concorrenza molto aggressiva, praticata dalla grande distribuzione, e alla forte espansione del commercio online, ma, soprattutto, dal calo dei consumi che, purtroppo, negli ultimi 10 anni, ha riguardato le famiglie economicamente più fragili e quelle che costituiscono il cosiddetto ceto medio. Acquisti di Natale 2024, probabilmente, in calo di un miliardo. Non è da escludere che, con spese “obbligate” in grado ormai di “drenare” ben oltre la metà della spesa totale delle famiglie, i prossimi acquisti di Natale subiscano una frenata, rispetto a quanto avvenuto nel 2023. L’anno scorso, infatti, le stime indicano che in Italia la spesa, per i regali da mettere sotto l’albero, è stata pari a poco più di 11 miliardi di euro. Quest’anno, invece, dovrebbe aggirarsi attorno ai 10 miliardi di euro (-9 per cento). Le ragioni di questa contrazione vanno ricercate nella minore disponibilità di spesa delle famiglie, a fronte delle difficoltà economiche avvertite negli ultimi mesi, e dal fatto, che sempre più persone anticipano l’acquisto dei regali di Natale a fine novembre, approfittando degli sconti offerti dal Black Friday”. __________________ [1] Energia elettrica, gas, acqua e altri combustibili. [2] Per bevande alcoliche, abbigliamento/calzature, mobili/articoli-servizi per la casa, servizi sanitari/salute, attività ricreative ecc., istruzione, servizi ricettivi/ristorazione, altri beni e servizi (cura persona, effetti personali, servizi assicurativi/finanziari ecc.). Considerazioni dettagliate e parlanti: le famiglie non ce la fanno e non resta loro che risparmiare, se, poi, è iniziativa sufficiente, affrontando, ovviamente, anzitutto, le spese obbligate, come detto sopra, e trascurando, le spese complementari, ove possibile.
Una situazione, perfettamente fotografata, da CGIA Mestre, adducente problemi pesanti problemi di vita, mentre difficile è trovare soluzioni, per contenerla. Cosa questa, che è fortemente problematica, perché, per risolverla, rapidamente, sarebbe necessario aumentare salari e stipendi, ma una tale manovra è eseguibile solo, se aumentassero produttività e produzione. Senza quest’ultima condizione – aumento della produzione – un aumento delle retribuzioni, creerebbe inflazione e, una situazione, quindi, peggiore di quella di partenza. Purtroppo, a rimetterci, sarebbero i cittadini a bassa retribuzione. Unica soluzione: ridurre al minimo la spesa statale, una volta garantita l’efficienza dei servizi. Nuove imposte, castigherebbero ulteriormente l’economia, gettando le basi, per un più pesante debito pubblico, ormai, sui 3000.000.000.000 di euro.
Pierantonio Braggio