Veneto: a rischio 1.500 occupati, ma, nel contempo, 20mila posti fissi rimangono inevasi. CGIA Mestre, 18. 1. 25
“Si tratta di uno dei “paradossi” del nostro mercato del lavoro. Nonostante le crisi aziendali, che affliggono il Veneto, stiano mettendo a rischio almeno 1.500 posti di lavoro, entro i prossimi tre mesi, le imprese venete hanno dichiarato all’Unioncamere/Ministero del Lavoro l'intenzione di assumere poco più di 131.000 lavoratori[1], di cui 36.000 circa, a tempo indeterminato. Tuttavia, nel 55 per cento dei casi, sussiste il rischio di non poter procedere alle assunzioni a causa della carenza di candidati o dell'impreparazione delle persone, che si presentano ai colloqui. Pertanto, a fronte di 1.500 lavoratori, che potrebbero perdere il posto, nei primi tre mesi di quest’anno le nostre imprese non sarebbero nelle condizioni di coprire, nemmeno offrendo un posto fisso, almeno 20.000 posizioni lavorative[2]. A segnalarlo è l’Ufficio studi della CGIA. Entro il 2028, oltre 270mila veneti andranno in pensione. Sostituirli sarà un problema. Auspicando che le crisi industriali scoppiate in questi ultimi mesi si concludano con soluzioni che garantiscano la continuità aziendale e la salvaguardia dei posti di lavoro interessati, il declino demografico e il conseguente invecchiamento della popolazione in atto anche in Veneto provocheranno nei prossimi anni altrettante criticità, anche al sistema economico e produttivo del Paese. Squilibri che nessuno, in tempi ragionevolmente brevi, sembra avere gli strumenti appropriati, per affrontare, con successo. A tal proposito, è utile ricordare che, alla luce delle informazioni riportate nel report “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali, in Italia, nel medio termine (2024-2028)”[3], il fabbisogno occupazionale delle imprese pubbliche e private presenti in Veneto in questo quinquennio dovrebbe attestarsi attorno ai 325.600 unità. Di questi, l’83 per cento circa, pari in valore assoluto a quasi 270.250 addetti, dovrebbe sostituire chi è destinato a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età. Pertanto, considerando le difficoltà nel reperimento di personale e il numero esiguo di giovani alla ricerca della prima occupazione, nel prossimo decennio la vera sfida non consisterà tanto nella reintegrazione di coloro che hanno perso il lavoro a causa di crisi aziendali, quanto piuttosto nella copertura dei posti vacanti. Un imprenditore veneto su due non trova personale. A livello nazionale un imprenditore su due non riesce a trovare addetti preparati per la propria azienda. In Veneto l’incidenza è addirittura al 55,1 per cento. Le differenze a livello regionale sono molto importanti. L’Umbria è la realtà territoriale maggiormente in crisi; sempre secondo l’indagine Unioncamere/Ministero del Lavoro presentata nei giorni scorsi, il 55,7 per cento degli intervistati ha denunciato la difficoltà di reperimento. Seguono le Marche con il 55,6, il Friuli Venezia Giulia e, come dicevamo più sopra, il Veneto con il 55,1. Infine, degli 1,37 milioni di nuovi assunti previsti in Italia, oltre 414.300 dovrebbero interessare il Nordovest. Seguono il Sud con 362.400, il Nordest con 315.350 e il Centro con 281.100. Il Nordest dovrebbe essere la ripartizione geografica dove la difficoltà di reperimento del personale è più elevata e pari al 54,3 per cento. Seguono il Centro con il 49,1 per cento, il Nordovest con il 48,8 e il Mezzogiorno con il 46,1. Quest’anno solo al Sud le assunzioni sono previste in aumento. Ad eccezione di Benevento e Chieti, in tutte le province del Mezzogiorno nel primo trimestre di quest’anno è previsto un aumento delle assunzioni rispetto al dato riferito allo stesso periodo del 2024. Nel resto d’Italia, invece, le variazioni saranno anticipate dal segno meno. La situazione più virtuosa è attesa a Siracusa con il +29,8 per cento (+1.770 entrate). Seguono Foggia con il +25,9 per cento (+2.070), Matera con il +23,6 per cento (+670), Vibo Valentia con il + 20,1 per cento (+350) e Messina con il + 19,1 per cento (+1.700). Nonostante il depotenziamento previsto per il 2025, la decontribuzione relativa alle assunzioni nella Zona Economica Speciale (ZES) unica per il Mezzogiorno e l'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresentano i due elementi fondamentali in grado di "giustificare" l'eccellente performance occupazionale attesa nel Mezzogiorno. Previste 131.000 assunzioni. Nel primo trimestre di quest’anno le imprese venete hanno l’intenzione di assumere oltre 131.000 lavoratori; un importo, quest’ultimo, in calo di 5.140 unità rispetto a quanto denunciato nello stesso periodo del 2024. Dopo il Piemonte (-7,2 per cento), la Lombardia (-6,5) e il Friuli Venezia Giulia (-4,2), siamo la regione con la contrazione più significativa. A livello provinciale è Verona con 29.980 assunzioni previste (-0,7 per cento rispetto 2024) a guidare la graduatoria regionale. Seguono Venezia con 26.800 (-1,6 per cento) e Padova con 23.800 (+0,1 per cento). Nel frattempo, la CIG è in forte aumento. Sebbene il Veneto possa contare su dati occupazionali molto buoni, il rallentamento economico registrato negli ultimi 6 mesi ha interessato anche la nostra regione. Gli ultimi dati resi disponibili dall’Inps segnalano che, tra gennaio e settembre 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023, le ore di CIG totale autorizzate in Veneto sono aumentate del 50,1 per cento (+17,4 milioni). A livello provinciale la situazione più critica si è verificata a Vicenza (+65,9 per cento). Seguono Padova (+63,2 per cento) e Venezia (+54,9 per cento).
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[1] Unioncamere, “Lavoro: 497mila entrate previste dalle imprese a gennaio, Roma”, 10 gennaio 2025. [2] L'importo corrisponde a poco più della metà delle 36.000 assunzioni previste a tempo indeterminato; in virtù del fatto che in Veneto solo il 45% dei casi le nuove immissioni nel mercato del lavoro nel primo trimestre del 2025 dovrebbero aver luogo, a causa delle difficoltà nel reperimento di personale adeguato.[3] Unioncamere, “Nel quinquennio 2024-2028 saranno necessari tra 3,4 e 3,9 milioni di lavoratori”, Roma, 6 settembre 2024. [3] Unioncamere, “Nel quinquennio 2024-2028 saranno necessari tra 3,4 e 3,9 milioni di lavoratori”, Roma, 6 settembre 2024.
Ci risiamo. Calo demografico e assenza di competenze, sono oggi, e più saranno domani, un grave problema, per le nostre imprese, alla ricerca di personale. Le quali, in fatto, di competenze, non è che pretendano troppo, ma, a pretendere personale specializzato è lo stesso progresso tecnico e tecnologico, in continuo ed imprevedibile avanzare, che costringe l’impresa, a costantemente aggiornare i mezzi di produzione, o a provvederne di modernissimi, in grado di funzionare, solo se guidati da personale dotato delle conoscenze specifiche necessarie. Non è prevedibile, nel dettaglio, il futuro, ma, la situazione sta facendosi sempre più dura, talché, dinanzi alla possibilità di assunzioni – vedi i dati di CGIA, di cui sopra – c’è la costrizione a rinunciare alle stesse. Purtroppo, in passato, si è fortemente trascurata la creazione di centri o di istituti, in grado di dotare gli studenti della capacità “pratica” di operare – ciascuno, in un determinato campo – in un’azienda… Ma, si è anche, nelle famiglie, volta l’attenzione, per motivi, spesso, di ricercata, inutile, dignità, a corsi di studio, non sempre atti, a fare trovare facilmente occupazione. A ciò si è aggiunta, pure, la politica del passato, che ha privilegiato, nella scuola, più la teoria, che quella pratica, oggi richiesta, fortemente, per assoluta necessità, dal mondo della produzione e dalla stessa vita d’ogni giorno. Che farebbero, oggi, le Ferrovie, se non vi fossero coloro, che dotati di navigate competenze tecniche, sono in grado di ridare vita, rapidamente, ad impianti elettrici e a linee? Urgente è, quindi, attirare l’attenzione delle famiglie su questi temi – maggiore formazione, in primis, e competenze pratiche – senza l’intervento sollecito delle quali, per esempio, in abitazioni e in aziende, si sarebbe terribilmente a terra… Certo, purtroppo, le stesse non sono mai state tenute, nella dovuta considerazione, o, quasi sempre, viste, con orrore, per una carriera scolastica di propri vicini… Ma, quanto alle imprese – modesta opinione, non facile da realizzare – non converrebbe alle stesse creare scuole interne di formazione ad hoc, secondo le proprie esigenze, assumendo, quindi, a corso terminato, coloro che i corsi di formazione abbiano frequentato? Certo, ulteriore impegno, ulteriore spesa, ma, personale competente, trovato… Si tratta, ovviamente, di valutare…
Pierantonio Braggio
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